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domenica 30 gennaio 2022

Salute a rischio


Dal mese di novembre 2020, a seguito del pignoramento del mio conto corrente e della Postepay per meno di 5 euro totali da parte dei cartolarizzanti della DoValue Spa, che cercano i soldi anche fuori dal tribunale fallimentare, in un gioco sporco autorizzato dallo Stato, mi sono messa a cercare altri casi di imprenditori falliti. ll vaso era colmo. 

Così ho conosciuto più realtà associative del terzo settore, gruppi di manager, che vogliono aiutare i falliti, o anche imprenditori falliti, che si cimentano tramite un'associazione per lottare contro le ingiustizie dei fallimenti, pensando di avere, come presidenti di un'organizzazione di volontariato, maggior peso specifico davanti al Governo. Eppure ciò che portano a casa i falliti tramite la loro attività associativa è meno di una magra consolazione, è una delusione

"Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate", scriveva Dante nel terzo canto dell'Inferno, leggendo la scritta impressa sulla porta d'ingresso degli inferi. In un fallimento giudiziale non c'è niente da fare e gli imprenditori continuano a suicidarsi e a perdere la salute, perché non sanno come uscire dai debiti e rifarsi una vita, la "fresh start in life" declamata in inglese nei testi di legge ma inesistente nella realtà. 

La morsa del fallimento giudiziale, ora edulcorata in "liquidazione giudiziaria", non ti lascia per vivo. Ne va di mezzo la tua salute mentale. Vedo dalle foto il processo di trasformazione fisica dei falliti: prima imprenditori ineccepibili nelle foto ufficiali, poi uomini rovinati, con lo sguardo perso, gli abiti consunti e i caratteri somatici del volto cambiati. Si testimoniano tia, ricoveri in ospedale, problemi di pressione arteriosa, colesterolo e diabete, uno stato confusionale che viene diagnosticato come "depressione da shock". I maschi falliti dovrebbero accusare il colpo più delle donne fallite. Dalle foto riusciamo anche a capire se si sono dati all'alcol.  

Perché??? Perché questa strage silente di imprenditori da parte di aguzzini dello Stato, che alla fine di un percorso fallimentare di anni e anni raccolgono le briciole per i creditori, a spese dei falliti, di cui si svilisce il valore degli immobli, per ingozzare gli ausiliari dei giudici con laute parcelle, godendo questi della prelazione sui creditori? Del mercato parallelo delle aste giudiziarie ne vogliamo parlare? Perché lo Stato ammette l'esistenza della fiorente industria dei fallimenti? 




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mercoledì 19 gennaio 2022

Mafie evasori e speculatori finanziari

Pietra tombale di Monna Tessa, fondatrice delle Oblate Ospedaliere del Terz'ordine francescano Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons


L'accanimento subito da un fallito giudiziale è generato dalla gestione burocratica dei fallimenti, attraverso cui si deve forzatamente passare, per poi vedere i tuoi beni finire, spesso dopo anni e anni di supplizio, nelle mani di altri a prezzi più che stracciati. 

Una casa modesta di artigiani fatta coi sacrifici viene immolata al business delle aste, che nel 2021 ha generato un giro d'affari di quasi 19 miliardi di euro, non contando quanto si è perso a causa dell'interruzione lavorativa dei tribunali dovuta al Covid, circa 4,5 miliardi di euro. Tra gli immobili che finiscono all'asta ci sono però anche edifici di pregio, come è il caso di un loft in un edificio storico di Firenze, finito all'asta: le ex cucine delle Oblate. 

Questo spazio era stato ristrutturato dall'architetta Anna Conti, motivata dal recupero di edifici storici da rigenerare anche a spese proprie di acquisto. Ma con la crisi del 2008 qualcosa è andato storto anche per l'architetta e le ex cucine delle Oblate sono finite in balìa delle aste. Diceva Anna Conti nel 2020: "Sono terrorizzata che (l'acquirente) possa essere uno speculatore straniero o un malavitoso, e che le Cucine vengano stravolte e mortificate in B&B." e proseguiva "Oggi per queste operazioni hanno liquidità solo Mafie, evasori e speculatori finanziari stranieri."

Che fine hanno fatto le ex cucine delle Oblate a distanza di due anni? Ecco dove è andato a finire l'immobile, ora è in vendita a 2.800.000 euro presso la RealEstate Immobilien. Sarei curiosa di sapere a quale prezzo è stata aggiudicata l'asta e chi sia il nuovo proprietario. Si tagliano le gambe a un'architetta per favorire le banche e far guadagnare gli speculatori senza limiti di profitto. Complimenti allo Stato e ai burocrati di lusso dei tribunali, impiegati pagati dallo Stato a favore della fiorente industria dei fallimenti.




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venerdì 14 gennaio 2022

Quei miliardi di euro


Il mercato delle aste giudiziarie frutta in Italia un giro d'affari di quasi 19 miliardi all'anno, questo l'indotto della fiorente industria dei fallimenti registrato nel 2021, in piena pandemia nel nostro Paese. Ecco perché il Governo non interviene a garanzia della parte debole della macchina di distruzione di capitali e persone: i falliti. Le aste generano una base di fatturato. Ma può un Paese democratico condizionare con le sue leggi la creazione di profitto a vantaggio di "professionisti" e istituti privati, che gestiscono per delega fallimenti e esecuzioni immobiliari?  

A quale punto si può parlare di delegittimazione dello Stato per favorire l'interesse privato? Quanti "professionisti" impiega l'industria dei fallimenti in Italia e qual è l'indotto creato dalle aste giudiziarie? Mi domando come mai siano solo Maria Luisa Busi e Milena Gabanelli che si siano interessate al fenomeno di distruzione di massa per mano dell'industria dei fallimenti autorizzata dallo Stato. Non esiste infatti un'inchiesta giornalistica in corso sui fallimenti. Poi ci sono articoli che escono di quando in quando sulla stampa a tema fallimenti, ma sono per lo più grida di dolore dei condannati nel girone infernale dei tribunali con in cronaca qualche suicidio di falliti. 

Nel caso della nostra azienda artigiana, sono passati ad esempio già dieci anni dal fallimento e quattordici anni dall'esecuzione immobiliare del nostro laboratorio. Andrà a finire che i creditori, ovvero le banche, raccimoleranno neanche un decimo del valore degli immobili che sono andati all'asta. Dove sta la convenienza dello Stato nel permettere di distruggere un'azienda, che portava contributi alle casse dello Stato per andare poi a favorire con il suo annientamento in primis burocrati di lusso, "professionisti" e dipendenti privati che non producono ricchezza, ma anzi vivono dei rovesci altrui e lautamente si mantengono? 

Mi risulta dalla storia che sia la mafia a vivere delle disgrazie altrui e quindi bisogna stare molto attenti a dare del mafioso a chi per tradizione vive appunto di catastrofi, crisi sanitarie, debolezze dei cittadini, perché in uno Stato democratico non si può mascherare dietro la legge un commercio parallelo a danno dei contribuenti dello Stato, dove non è possibile per chi fallisce essere ascoltato né tramite i rappresentanti di partito e tantomeno tramite le associazioni del terzo settore a sostegno dei falliti, operando quest'ultime come volontariato e quindi carenti del tempo necessario per sposare la causa dei falliti al fine di agire con un'azione comune sul territorio. 




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mercoledì 12 gennaio 2022

Come si misura l'inciviltà dell'Italia

Uno stato incivile genera inciviltà (G. Toffali) 


Se si vuol conoscere il grado di inciviltà del nostro Paese, se ancora si chiama Italia, si deve sapere come vengono trattate le persone fallite, una minoranza che non interessa a nessun partito, perché non portano voti a sufficienza e quindi non meritano di essere aiutate. 

In un procedimento fallimentare ti rendi conto di come può essere trattato un ex contribuente dello Stato nella maniera più atroce, perché una volta fallito devi sottostare ai tempi della burocrazia italiana; diventi un faldone da smaltire, pertanto i provvedimenti successivi alla legge fallimentare fascista del 1942 sono tesi a risolvere il problema del sovraffollamento di falliti sui tavoli dei burocrati di lusso e dei loro ausiliari a spese del fallito

Infatti come chiameresti un giudice delegato se non un burocrate di lusso, che applica pedissequamente la legge e non si rende conto di quale sofferenza provi un fallito, di tutte le ingustizie che si trovano in un fallimento e di quali conseguenze anti-economiche si generino per lo Stato? 

Una della ingiustizie primarie è di non essere difesi dallo Stato in ugual misura come sono difese le banche, che possono perseguitarti a vita, che si sdoppiano coi cartolarizzanti e ti attaccano dentro e fuori i tribunali, mentre tu non puoi fare ricorso a vita contro una banca; i tuoi beni immobili vengono svenduti all'asta al peggior prezzo vile, che gli aggiudicatari aspettano fino all'ultimo esperimento. Infine, non è vero che puoi tornare a lavorare con la tua arte, sei una persona finita per sempre. 

Il trattamento dei falliti è più incivile ora di quanto viene narrato nella storia romana, medievale e rinascimentale, ovvero è molto peggio della pietra dello scandalo, perché siamo nel terzo millennio e uno scempio come il fallimento dovrebbe essere abolito, prima di tutto perché anti-economico e non sostenibile per la collettività, con la conseguenza che immobili e strumenti da lavoro del fallito vengono regalati a approfittatori, ex concorrenti e gente senza scrupoli. Il fallimento va attualmente oltre ogni sfregio e la misura è colma. 




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venerdì 7 gennaio 2022

Falliti: pericolosi, deficienti e incapaci


L'Asino fu una rivista di satira politica che nacque a Roma il 27 novembre 1892.Titolo completo: L'Asino è il popolo utile paziente e bastonato.


Il tono paternalistico della giurisprudenza relativa ai fallimenti ti fa pensare di vivere in un tempo recondito, tra parrucconi senza cognizione della realtà e di cosa stiano facendo, anche quando mettono mano a una legge fascista, che nel regolare situazioni economiche svantaggiose, coinvolge atrocemente anche le persone fallite con crudeltà inaudita, cinismo e cattiveria, caratteri tipici appunto della prevaricazione. 

Anche gli interventi dei giuristi e studiosi, che si dicono favorevoli ad aiutare la parte debole dell'industria fallimentare, sembrano orientati a curare la forma a discapito della sostanza, quasi che le leggi esistenti sul fallimento siano impossibili da cambiare, se non per una virgola, il tempo di un verbo e via dicendo, mai rinunciando agli amati brocardi. Gli sforzi linguistici sembrano quindi esercizi accademici. E così la macchina di distruzione di aziende e persone va avanti indefessa sotto il ghigno sornione di chi coi soldi ci sa andare e fa di una disgrazia un guadagno: affaristi, opportunisti, concorrenti sleali, mafiosi. 

Il fallito viene quindi trattato come un potenziale pericolo per la società, come un deficiente da chi ne elenca con sufficienza gli errori commessi, come può non solo l'uomo della strada o l'utente facebook, ma anche il compaesano di turno o gli stessi ex dipendenti, fino a diventare un incapace, mentre magari come imprenditore ha gestito indefesso un'azienda per decenni. Nelle leggi si parla così di "buona condotta", di "soggetti meritevoli" a ricevere ad esempio il "beneficio" dell'esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti residui per poter tornare a nuova vita, solitamente dopo almeno dieci anni dal fallimento. 

In buona sostanza un fallito viene giudicato alla stregua di un delinquente, anzi uno stragista riceve un trattamento migliore, perché come imprenditore fallito la tua condanna sarà "fine pena mai". Il disinteresse della comunità verso i falliti dipende inoltre dal fatto che ci si misura con le proprie tasche, perché davanti a una storia di fallimento si percepiscono a rischio i propri soldi, in virtù dei neuroni specchio, di conseguenza socialmente un fallito non si scusa e non si accetta. Non è un malato terminale, un disabile o un migrante.  

Tutto ciò invece è totalmente ingiusto, perché una legge fascista non può che generare altri mostri, ingiustizie e violenze mascherate dalla giustizia come autorità imprescindibile e inattaccabile. Non è questo un modo civile di operare, se si accetta di applicare oggi nel terzo millennio una legge fascista, che procura nel fallito dolore, vergogna e annullamento della propria vita sociale, lavorativa e contributiva con esiti anche estremi come i suicidi e i tentati suicidi, che passano come prassi al pari della routine di un gioco d'azzardo. 



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giovedì 6 gennaio 2022

Epifania di un fallito

Quale epifania per un fallito? 

Nel mese di marzo prossimo festeggeremo dieci anni dal fallimento della nostra azienda. Se parli con un tecnico, ti dice che devi stare contento, perché le aste vanno per le lunghe e non ti hanno ancora portato via la casa. Intanto tu sei fallito e non puoi avere un conto in banca, non puoi ricominciare un'attività, perché le banche non ti fanno credito, stai dentro la tua casa in attesa che la tortura del fallimento finisca. Non era forse meglio un colpo secco e via? Un taglio della testa immediato, come ai tempi della crudeltà (come se oggi non fosse peggio di allora), così da chiudere la questione e ripartire con una "fresh start in life"? 

Quando fallisci, non terminano infatti la sofferenza bancaria e l'incapacità di uscire da acque melmose, ma inizia invece il procedimento lungo e penoso di spoliazione lenta da parte del tribunale, una morte civile in mano ad aguzzini messi lì dallo Stato, che non controlla cosa succede ai suoi ex contribuenti e ex sostituti d'imposta, che eravamo noi. Il disinteresse dello Stato verso i falliti è roba da far accapponare la pelle.

Quindi non esiste epifania per un fallito, l'evoluzione della sua stella non raggiunge il suo apice, perché la vacca deve rimanere viva e alimentare 1) un mercato immobiliare parallelo a quello civile, in cui le agenzie immobiliari si sono inserite come consulenti 2) favorire mafiosi e speculatori, senza fornire un registro dei compratori, che godono di tutele 3) distruggere le famiglie che davano vita all'azienda, perché anche i figli dei falliti vengono perseguitati in via extra-giudiziale tramite i cartolarizzanti. 

In tribunale farebbero meglio a scrivere "processo" fallimentare anziché "procedura" fallimentare, perché in un fallimento si sconta una pena detentiva, come persona vieni privato della tua libertà di tornare a lavorare come artigiano. Nessuno ti prende alle dipendenze, alle aziende concorrenti interessa approfittare della tua morte, impossessandosi di campionari e laboratori tramite le aste. Scrivono che con il fallimento non si possono esercitare le seguenti professioni: farmacista, avvocato, dottore commercialista, notaio, che per me è una presa in giro: ne avete visto fallire uno? Come farebbe un imprenditore a ricoprire queste professioni? 

Chi fallisce infatti sono artigiani e commercianti, spesso senza un titolo di studio, ma che con passione e dedizione hanno portato avanti aziende per decenni e non erano preparati alle crisi del 21° secolo, pur avendo commercialisti e consulenti al proprio fianco, necessità generata dagli impegni burocratici richiesti dallo Stato e che hanno aumentato le spese di gestione, come se si fosse un'azienda di grandi dimensioni. 




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domenica 2 gennaio 2022

Tu vuò fa' l'americano



Tu vuò fa' l'americano ma si' nato in Italy (1956) - Renato Carosone 


Per i falliti esiste la possibilità di essere liberati da ogni debito: si chiama "esdebitazione" in conformità all'art. 1, comma 6, lettera a), n. 13, della legge di delega 14 maggio 2005, n. 80. Il provvedimento, a modifica del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“legge fallimentare”), si ispira al diritto anglo-americano e quindi al concetto di "discharge" (tr. sgravio, cancellazione) allo scopo di permettere al fallito "to make a fresh start in life" (tr. ricominciare da capo nella propria vita). 

Qui da noi per un fallito non c'è sogno americano che regga, anche perché la legge italiana tradisce un disinganno, che traspare dal linguaggio giuridico non comunicativo, sintatticamente obsoleto, avulso dalla realtà, generato da uno stile benevolo e munifico, come era proprio dell'era fascista, in cui la legge fallimentare venne originariamente emanata; scrivono nella legge che l'istituto dell'esdebitazione-discharge è un beneficio per "premiare il fallito onesto ma sfortunato", il "soggetto meritevole", quindi l'esdebitazione si tradurrebbe in un vantaggio, un premio per chi lo riceve, come se un fallito onesto fosse l'eccezione in una manica di ladri. Tutt'altra è la realtà del fallito e va conosciuta. 

Per usufruire infatti dell'esdebitazione come persona fisica, si deve essere conclusa la procedura fallimentare tramite il tribunale, dopo la quale ti ritrovi povero, senza laboratorio e senza casa, perché per almeno dieci anni, se ti va bene, sei rimasto in balìa dei burocrati e dei loro ausiliari, che tra l'altro hanno la precedenza nella riscossione delle parcelle rispetto ai creditori. Nel frattempo se vuoi ripartire, devi ricorrere a sotterfugi, prestanomi, fatture false. Nessuno ti apre un conto corrente. 

Quindi l'istituto dell'esdebitazione in Italia è una vera e propria presa in giro. Quando sei fallito tramite una procedura fallimentare, specialmente nel caso di una micro o piccola impresa familiare artigiana, non hai la possibilità di riprendere la tua vita lavorativa precedente. Considerato che nella maggior parte dei casi non si fallisce da giovani, la tua speranza di ricominciare da imprenditore in tempi utili a realizzare il successo imprenditoriale in stile "sogno americano" è vicina allo zero. 

Il tuo sacrificio del fallimento sarà solo servito a darti una lezione di sfregio, noncuranza, abbandono, inutilità e antieconomicità di una pratica crudele a distruzione di capitali e persone. Infatti se ne vedono le conseguenze nei suicidi di imprenditori falliti, come è il caso di Emanuele Sabatino, il meccanico del web, che si è impiccato lo scorso mese di dicembre, ma di cui si tacciono i segni indelebili che il fallimento avrà lasciato nella sua integrità mentale. 



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