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venerdì 30 aprile 2021

L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro "dipendente"

                               Il Primo Maggio è la festa dei lavoratori "dipendenti"

Domani non sarà la nostra festa, perché con la nostra azienda artigiana, ora in fallimento da dieci anni, siamo stati dei datori di lavoro.  

Domani sarà invece la festa dei lavoratori "dipendenti", quelli che nel terzo millennio scelgono di lavorare alle dipendenze di qualcuno, che ancora chiamano "padrone". Sono persone che non sono riuscite ad entrare nel carrozzone dello Stato con un impiego "sicuro" fino alla pensione, il sogno di noi italiani,  e così si devono accontentare di stare alle dipendenze di uno sfruttatore privato. 

I sindacati chiedono per i loro iscritti tutele oltre misura. In sede di fallimento al tribunale di Perugia erano in tre rappresentanti a difendere il "diritto" del dipendente al TFR. Arrivano perfino a far trovare, presso i patronati, impiegati compiacenti che hanno permesso a tre nostre ex-dipendenti di "provare" a prendere la pensione per "malattia professionale", in un momento in cui percepivano la cassa integrazione, perché l'azienda era in sofferenza. Le richieste non erano di certo veritiere. La fabbrica avrebbe ufficialmente fallito l'anno dopo.  

Ci vuole del coraggio da parte dei sindacati a fare certe azioni scellerate a danno della comunità. I sindacati sono capaci anche di queste cose, di cui si rendono complici tramite i patronati e i medici compiacenti. Dov'è finito per i medici il giuramento d'Ippocrate? 

Io domani, PRIMO MAGGIO, non avrei quindi niente da festeggiare, perché da dieci anni mi dedico a studio e networking. Quindi il mio lavoro "intangibile" non è neanche considerato lavoro. Domani non avrò niente da festeggiare e invece "lavorerò" anche domani per trovare chi può ricomprare la PRIMA CASA dei miei genitori, che in questo mese andrà all'asta. Dico che lavoro, perché in Francia, quando andai a studiare come pioniera Erasmus, alla Sorbona per "studiare" dicevano "travailler". 


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martedì 27 aprile 2021

Inventa & Sogna


Dal mese di dicembre faccio parte dell'Associazione "100mila Ripartenze" con sede a Treviso. In occasione del loro primo crowdfunding, mi sono ritrovata ad usare Linkedin, perché qui si trovava il target della raccolta fondi. Così ho iniziato ad usare Linkedin per la prima volta. Ho pubblicizzato il crowdfunding, ho fatto crowdsourcing, sono entrata in contatto con professioniste e professionisti e ho conosciuto la rivista MILLIONAIRE, fondata nel 1990. Ho iniziato a comprare MILLIONAIRE ogni mese. Nel mese di marzo ho risposto alla candidatura per ricevere gratuitamente un libro cartaceo o un e-book di Jeff Bezos. C'erano 5 libri in palio. Ho scelto "Inventa & Sogna". Il libro mi è arrivato nell'uovo di Pasqua, preceduto dalla mail della redazione. Non potevano farmi un regalo più gradito! 

Immediatamente ho interagito con la redazione tramite email, ringraziandoli. Ho anche espresso loro il mio desiderio di rispondere ad un lettore, che aveva inviato un suo appunto nella rubrica "lettere", proprio riguardo al sogno. Avrei voluto spiegare ciò che significa per me la parola "sogno" nel mondo dell'impresa. Avrei voluto pubblicare qualcosa su MILLIONAIRE. 

La vita è tutta un destino. Basta saper dosare la pazienza! 

Quindi...stamattina ho mandato alla redazione di MILLIONAIRE un mio articolo con un paio di foto e mi auguro proprio che venga pubblicato. Intanto sto leggendo il libro di Jeff Bezos, che tra l'altro è un mio coetaneo. Siamo del mitico 1964. Del libro mi diverto a capire come potrebbe essere scritto il testo originale in inglese. La traduzione del titolo "Inventa & Sogna" per me non spiega già a sufficienza il significato del messaggio, l'invito all'azione da parte di Jeff Bezos. Nel sogno c'è di più e poi...il sogno va pensato con il cervello switchato in inglese. Il titolo originale del libro è: "Invent & Wonder". In  quello wonder c'è lo stupore di un bambino, la genuinità e l'innocenza che sono gli ingredienti da recuperare per fare innovazione d'impresa. Possiamo tutti sognare, se decidiamo di tornare bambini. 


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domenica 25 aprile 2021

Lasciando la propria casa


È la calma dei giorni di festa quella che si respira oggi nella casa dei miei genitori. Il mio appartamentino si trova al piano inferiore, ma in questi ultimi mesi di vita nella nostra casa, ho deciso di dormire in camera con la mia mamma e di studiare qui nella sala. 

Nonostante sia la prima casa dei miei genitori, il fallimento che ci è toccato è il più feroce dei mali: i miei genitori non possono neanche usufruire della sospensione dell'esecuzione per prima casa, perché l'abitazione è all'interno di un fallimento aziendale. 

La nostra casa è su tre piani, originariamente una casa colonica ottocentesca, situata in prossimità della superstrada E45, per la cui costruzione i miei bisnonni furono sottoposti ad espropriazione. Al piano terra ci sono i garage e in fondi, una volta occupati dalle mucche, perché il mio bisnonno Pompeo faceva il lattaio. 

Il primo piano, dove una volta abitavano i bisnonni e i nonni, è stato diviso in due parti per via di eredità, quando morì per ultimo il mio nonno Nazzareno nel 1988. La parte frontale della casa, toccata in eredità ad un mio zio, è stata venduta. Ecco perché il mio è rimasto un appartamentino, ovvero la metà dell'abitazione originaria. 

La soprelevazione a due piani, costituiti dall'appartamento dei miei genitori e dalla mansarda, sono stati costruiti a partire dal 1966, contro il volere dei nonni e degli zii. Eppure il bisnonno Pompeo volle accontentare il mio babbo e gli firmò il benestare a costruire sopra la sua casa. Ci vollero due anni prima di venire ad abitare qui. Il 1968 fu anche l'anno della nascita del mio fratellino. 

Per cinque anni dal loro matrimonio, i miei genitori avevano abitato nella casa al primo piano e tenevano il mio lettino nella loro camera da letto. Con la nuova casa, io e mio fratello avevamo una stanza tutta nostra, che a me sembrava immensa. Un lettino a sinistra, la finestra che dava verso il campo di granoturco, il pollaio e il pozzo, un lettino a destra. L'armadio era condiviso ed era con apertura a soffietto di color verde muschio. 

La sala, in cui mi trovo in questo momento, è rimasta "non rifinita" per decenni. L'abbiamo imbiancata in occasione del matrimonio di mio fratello, comprando i mobili scontati dal mobiliere del posto. Un'occasione. Quegli stessi mobili ci sono stati pignorati. I miei li hanno ricomprati grazie ad un cugino prestanome. Così ora mi trovo in questa sala e i ricordi dei luoghi in cui sono cresciuta si affollano nella mia mente. Vedo i volti dei miei bisnonni, dei miei nonni e dei miei genitori giovani, che salgono le scale della nostra casa felici di tornare dal lavoro. Ma ora sento avvicinarsi il momento in cui il portone della nostra casa si chiuderà per sempre dietro di noi, dicendoci che in quella casa non potremo più rientrare. 



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giovedì 22 aprile 2021

Attaccati su due fronti

Siamo sotto attacco come i morti viventi, 
un ossimoro alquanto calzante per chi
finisce nella disgrazia del fallimento

A distanza di dieci anni dall'istanza di fallimento della Cama Deruta, presentata nel 2011 da due dipendenti della nostra fabbrica, la recrudescenza degli attacchi da parte delle banche, tramite il Tribunale Fallimentare e direttamente a livello personale, si è fatta feroce. Infatti lo Stato, tramite le Aste Giudiziarie, si presta a svendere i beni della nostra azienda e la nostra casa di famiglia, che non vanno a copertura del debito da sanare; dall'altra parte le aziende di cartolarizzazione attaccano noi figli, che eravamo soci in azienda e fidejussori. Ma noi a suo tempo non avevamo altri beni di proprietà o entrate. Quindi uscire dall'azienda non ci ha salvato da una sorte indicibile. 

C'è da sapere che ogni banca può pretendere ciascuna 1/5 del tuo stipendio fino al 50%. Nessuno sa queste cose fino a che non si finisce nel tritacarne del fallimento. Inoltre la casa dei miei genitori andrà all'asta tra un mese, il 25 maggio, e temo che qualcuno la comprerà, perché appetibile. Per paradosso, speriamo che la comprino al prezzo d'asta attuale, così quanto ottenuto va a sanare parte del debito e alleggerisce il carico su noi figli "fidejussori". Questa casa all'asta è la prima casa dei miei genitori e a quanto sembra, nel fallimento di una snc, la prima casa perde anche i suoi benefici, normalmente concessi in altri fallimenti, ovvero ad esempio la sospensione dell'esecuzione per prima casa. 

Questa non è giustizia in tempo di crisi. Lo Stato ha il dovere di difendere i suoi contribuenti specchiati, andare a vedere la storia dell'azienda e quanto l'azienda ha contribuito anche al benessere delle banche, con i suoi interessi passivi nel corso di decenni. Lo Stato non può permettere che i suoi migliori contribuenti vadano nelle mani degli avvocati, i burocrati di lusso del nostro Stato, tramite unicamente il ministero della Giustizia. Il ragionamento degli avvocati è sempre a difesa dei creditori. Ma quali creditori? Se tu sei onesto e vieni derubato da un delinquente, non potrai ottenere giustizia. Il delinquente avrà la meglio su di te. 

Come dice il mio babbo, le banche con noi della Cama Deruta non hanno perso nulla, non possono reclamare il mancato arricchimento. Invece noi della famiglia abbiamo perso tutto, perseguitati a vita, senza via di scampo e senza poter tornare alla vita civile, mantenere degnamente una famiglia o, nel mio caso, realizzare una visione d'impresa da libera cittadina. Ora coi miei genitori ci accingiamo a cercare un alloggio tramite l'assistente sociale del nostro Comune e a salutare la nostra casa con tutti i suoi ricordi.



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mercoledì 21 aprile 2021

Lo Stato italiano non difende i suoi contribuenti specchiati


Lo Stato italiano non difende i suoi contribuenti specchiati. Nel momento di sofferenza aziendale dovuta alle crisi, a partire dal 2001, successivamente nel 2008 e ora con la pandemia, preferisce tutelare le banche e con loro la mafia, che si insinua nell'acquisto dei crediti deteriorati e conseguente recupero crediti, come pure nell'acquisto di aziende in sofferenza. Per non dimenticare le Aste Giudiziarie. 

Il traffico economico generato dalla non cura dello Stato italiano nei confronti dei suoi cittadini specchiati, caduti in disgrazia tramite le loro piccole e medie aziende, si dà a conoscere tramite le Aste Giudiziarie dei Tribunali fallimentari. Qui lo Stato mette a disposizione il suo apparato burocratico per finire di uccidere anche i suoi contribuenti migliori, finiti nel girone infernale della gestione burocratica della propria vita, che dal momento in cui fallisci, viene affidata ai burocrati. 

A fronte delle singole situazioni di disagio individuale, conseguenti al fallimento, lo Stato non riesce a trovare soluzioni adeguate al tempo di crisi. Pertanto il fallimento rimane comunque una pratica barbara, in cui non si ha la possibilità di uscirne savi di mente e si potrà solo stare certi che, come contribuente, avrai la morte civile o sarai perseguitato a vita.  

La mafia non si vede, perché ha le sembianze
della legalità
 

Anche gli avvocati che incontri, da quest'altra parte, sono della stessa pasta degli avvocati del Tribunale fallimentare e quindi ragionano solo tramite quella che chiamano "legge", non riuscendo a cogliere la situazione di svantaggio dello Stato, che ha perso i suoi contribuenti, ovvero non sanno andare a fondo della questione per recuperare tali contribuenti. La loro formazione umanistica, se mai c'è stata, si è fermata al liceo. Mi sanno dire gli avvocati perché se io, persona onesta, ho a che fare con un delinquente e lo porto in tribunale, il delinquente ha la meglio? Ci sono diverse cose che non quadrano e quindi il pensare "legale" non gode dell'efficienza di cui si pregia. 

Infine il modo di agire della macchina dello Stato all'interno dei fallimenti è pari ad un fare mafioso, perché 1) non hai scampo e perché 2) i burocrati "boia" dello Stato percepiscono uno stipendio o onorari sulle disgrazie degli altri per anni e anni. Storicamente la mafia è nata infatti in occasione delle disgrazie delle persone: terremoti, carestie, pandemie. Serve quindi che lo Stato adotti un cambio di rotta a difesa dei suoi cittadini falliti, che non possono più contribuire, perché assassinati dalle banche, che in tempo di crisi hanno continuato ad erogare mutui, pur sapendo che le aziende non sarebbero rientrate. Lo Stato, tramite i fallimenti, contribuisce ad ammazzare definitivamente i suoi contribuenti migliori. 


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lunedì 19 aprile 2021

Una punizione esemplare

La "Bonorum cessio culo nudo super
lapidem", punizione esemplare per i
falliti, che rispondevano "CEDO BONA!"
(particolare Cappella Sistina, creazione
degli Astri) 


Il trattamento dei falliti in Italia è quello di una punizione esemplare, di romana, medievale e rinascimentale memoria, attestata dai libri, ma noi non siamo ladri. Chi veramente fallisce di proposito è un ladro e lo Stato ci considera così tutti come ladri.

D’altra parte tale comportamento dei burocrati è avvalorato dal fatto che anche sul piano del controllo finanziario lo Stato si comporta allo stesso modo: un ladro che ha paura di un altro ladro (vedi lotteria degli scontrini per combattere l’evasione fiscale o registratori con le fatture elettroniche che vanno direttamente all’Agenzia delle Entrate. Roba da mediocri, gente apatica, tutt'al più da circolo di paese non da uno Stato che si rispetti). La radice del problema per me risiede nella burocrazia e nella sua storia: i burocrati si sono da sempre opposti a chi fa commercio con un accanimento feroce. È un comportamento meschino, di persone miserabili, senza arte né parte, gente arretrata.

È questa burocrazia che comanda in Italia e che genera l’andamento del Paese, che fa andare via i suoi cervelli migliori, perché uno studioso vero o un lavoratore autentico non riesce a comunicare con un burocrate. Quindi, ora, siccome noi falliti in tempo di crisi non siamo ladri, c’è da indagare su come la burocrazia si possa evolvere, per un’Italia più efficiente, comunicativa, proattiva, alla pari coi suoi cittadini, specie quelli che a causa del fallimento non sono più contribuenti.

I burocrati attuali del Tribunale fallimentare si comportano da miserabili, esercitando uno strapotere sul cittadino, sono persone passive, senza qualità, che attivano una vendetta sugli altri, forse determinata da frustrazione o solamente al fine di mantenere uno stipendio per se stessi (accanirsi sulle disgrazie degli altri per loro è "lavoro"), senza averne diritto, perché non sono loro che generano profitto in Italia. Sono i giustizieri di una catena di provvedimenti simili, come sopra detto.

Quindi c’è da rivedere i termini della passività dei burocrati tramite diverse azioni, che lo Stato può mettere in atto per migliorare la sua relazione con il contribuente, combattendo la passività dei burocrati e dei dipendenti dello Stato, per generare accoglienza, cura, proattività e recupero dei suoi contribuenti specchiati, che sono finiti in disgrazia in tempo di crisi.   

Sul tema della cura come politica in tempi di crisi e di giustizia in un'economia neoliberale, sto leggendo il saggio della professoressa Luigina Mortari, "La politica della cura - prendere a cuore la vita", Milano, Raffaello Cortina Editore, 2021, pp. 223 


(...continua...a lunedì prossimo) 

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lunedì 12 aprile 2021

Fumus Persecutionis

La personificazione della
giustizia. 
Qual è il livello di sensibilità di un burocrate? Che ne sa un burocrate della cura del cliente, che è sinonimo di cittadino e di contribuente? La risposta è ZERO. In questi dieci anni di esperienza del fallimento della fabbrica della mia famiglia, nessuno dei burocrati coinvolti ci ha mai informato, per via di linee guida, di quello che ci sarebbe successo negli anni, di ciò che avremmo potuto fare per salvarci. 

Un burocrate si pregia di maneggiare le carte, ma noi falliti non siamo faldoni. Siamo esseri umani. Siamo stati contribuenti dello Stato, se vogliamo metterla sul piano dei soldi. Non lo siamo più da dieci anni. A che pro? Qual è il vantaggio dello Stato in questo tipo di operazioni mirate alla distruzione dei propri contribuenti? 

Avrei deciso che non voglio mettere un avvocato per parlare con altri avvocati. Io voglio comunicare direttamente con i burocrati dello Stato. Non saprei se, scegliendo un mio avvocato, sto usufruendo del legale giusto, non so se finirò col buttare altri soldi al vento, denaro che non ho. Voglio parlare direttamente con i miei aguzzini. 

Proprio ieri sera in un canale Tv, un ospite ha pronunciato l'espressione latina usata in ambito giuridico "fumus persecutionis": il modo in cui agiscono i burocrati in un fallimento è esattamente una persecuzione, aggiungerei una persecuzione di tipo mafioso, ovvero un agire in cui gli attori non mollano la presa, per tutto il tempo che decidono loro, finché non sei rimasto senza nessun possesso, denudato di tutto, scansato dalla società, senza la possibilità di rifarti una vita. 

La locuzione latina è in effetti di origine medievale, come la pratica odierna del fallimento, conseguente al fatto che i debiti non vanno in prescrizione. L'espressione è propriamente utilizzata nei confronti dei parlamentari ma, fino a prova contraria, tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. 

Un esempio pratico per capire solo in parte cosa si provi in un fallimento, vorrei proporre il sistema persecutorio delle aziende di recupero crediti: ti chiamano fino allo sfinimento, con una forma ossessiva di messaggi per telefono, sms e whatsapp, che ti tolgono la tranquillità del quotidiano. 

Riguardo alle aziende di recupero crediti, lo dico a ragion veduta, perché da diversi mesi un'azienda mi sta inviando gli sms, ai quali rispondo puntualmente. Sono finita in anagrafica di un mio amico, che non può più pagare le bollette, perché è defunto. Ho fatto presente agli operatori che non ero io la debitrice delle bollette e che il mio amico non ha pagato, perché è morto più di due anni fa. E loro continuano a chiamarmi. Allora proprio ieri ho alzato la voce e ho detto loro che devono togliere il mio numero di telefono dall'anagrafica, che non stanno usando propriamente il customer care e che non pronunciano bene la parola "management", che fa parte del loro nome.  

A proposito, perché i burocrati non hanno il dono delle lingue? Perché la prerogativa di un burocrate è la non comunicabilità con l'altro, il suo pensiero si esprime in maniera univoca. Invece chi ha il dono delle lingue è una persona che comunica apertamente con l'altro. Al massimo il burocrate più di lusso di altri, ovvero l'avvocato, si potrà esprimere per locuzioni latine, per essere ancora più incomprensibile, per dare un tono al suo ruolo di burocrate di lusso e per esprimere superiorità. Il teatrino latino fa parte del suo monologo. 

Il fallimento, un fumus persecutionis di cittadini verso altri cittadini, che una volta erano specchiati. 



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lunedì 5 aprile 2021

Lo stradello


Breve storia del lunedì di Pasqua

Lo "stradello", una parola bellissima, che pensavo appartenesse solo al mio dialetto umbro. Invece si trova anche nei dizionari col sinonimo di sentiero, viottolo. Ma stradello è molto di più. Stradello sa di strada di campagna di misura infinitesimale, dove passa un carretto, spesso di collegamento tra case coloniche vicine, legate anche da parentela.

È lo stradello che profuma di erba fresca la mattina presto, in cui il verde è cresciuto dove poteva, al centro, con qualche fiorellino di stagione.

Penso quindi allo stradello che legava le case di una mia zia con quella di mia nonna. Lo stradello è stato poi interrotto in anni recenti da un allargamento del giardino di una civile abitazione, che si trova a metà strada. Lo stradello ora per me non c'è più.
Così ho pensato che quello stradello spezzato sarà unito per sempre, come era in origine, solo nei miei ricordi, pensando a quante volte mia nonna e mia zia ci saranno passate per andare una incontro all'altra.


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Noi falliti come i migranti

La mafia della finanza si nutre dei fallimenti di persone oneste.
Le disgrazie degli onesti vanno
a foraggiare la ricchezza di persone senza scrupoli, i mafiosi
dai gemelli d'oro. 

Intendo volutamente provocare i burocati di lusso dello Stato Italiano, che firmano sentenze di morte della aziende italiane, agendo in nome del popolo italiano. Deve esistere una consapevolezza anche dei magistrati che l'Italia è definitivamente un Paese delegittimato. A chi parlare? Allo Stato o ai magistrati? Agli italiani o al mondo parallelo?  

Ora ieri sono andata a ricercare chi fosse il presidente dell'azienda di cartolarizzazione, che ha ricomprato il credito bancario della Cama Deruta e che mi ha pignorato il conto corrente, in quanto fidejussore di mutuo ipotecario. Il presidente è un diplomatico: un intoccabile. Ci deve essere parecchio valore in questo forziere per metterci a capo, a sua blindatura, un ambasciatore dello Stato italiano. 

A questo punto il confronto tra le forze in campo dei piccoli imprenditori italiani che falliscono e le banche è vistosamente impari. Le banche possono rivendere i propri crediti deteriorati tramite le cartolarizzazioni e dotarsi di ogni strumento legittimato dal benestare dello Stato. 

Leggo che l'Italia è il Paese europeo con più cartolarizzazioni. Il quadro è presto fatto: in Italia abbiamo un numero più alto di mafiosi rispetto ad altri Paesi. In effetti noi siamo "La Mafia". Alla mafia si attinge per il denaro da investire nell'acquisto dei crediti insoluti. Altrimenti dove stanno i soldi per ricomprare i crediti delle banche, quando l'Italia che produce ricchezza è allo sbando? 

Invece noi piccoli imprenditori non possiamo dare via l'azienda, quando va in sofferenza, non possiamo "vendere" legalmente i nostri laboratori, spesso gravati da mutui o dalla mannaia del Tfr. Anche se, un consulente mi aveva suggerito a suo tempo di prendere una certa testa di legno al sud, dargli circa 30mila euro, passargli la fabbrica e sarebbe fallito per conto nostro. Allora sì che avremmo giocato ad armi pari con le banche. Aveva ragione! 

Ma come fai a fare il delinquente, se non lo hai mai fatto? Ti prendono subito a te che sei piccolo e senza coperture. Capirai, che cosa ci vuole per la burocrazia a fare il gioco facile? 

Qualcosa sulla letteratura riguardante le cartolarizzazioni si trova anche online ma non è sufficiente. Dentro il giro delle cartolarizzazioni ci sono anche i soldi fatti sulla pelle dei migranti, scrivono, favoriti dall'etica senza scienza di certi partiti, che non si rendono conto che il buonismo apre la strada ai delinquenti. Qualcuno senza scrupoli manovrerà quei soldi: la pelle dei poveracci è altamente appetibile. 

Detto questo, il fatto è che dimostrare la colpevolezza dei mafiosi è impossibile, perché anche nella finanza i mafiosi agiscono tramite pizzini, quindi non hai le prove della criminalità perpetrata. Tu puoi solo agire tramite la burocrazia italiana per cavilli, sperando di farcela, almeno ad uscire dal calvario come fidejussore. Lo Stato dovrebbe considerare che nelle cartolarizzazioni la mafia c'entra per postulato. Le cartolarizzazioni non dovrebbero esistere. 

Per saperne di più sulla storia della mafia, leggi il libro di Amelia Crisantino, "Capire la mafia. Dal feudo alla finanza", Trapani, Di Girolamo, 2019 (240 pagine). 



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