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martedì 30 novembre 2021

Fluctuat nec mergitur

SanchoPanzaXXI, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Ho scoperto che la locuzione latina "Fluctuat nec mergitur" è il motto della città di Parigi. Significa: È sbattuta dalle onde ma non affonda, Il est battu par les flots, mais ne sombre pas, it is tossed by the waves but does not sink. Il motto è valido per tutte le situazioni in cui sussistono delle fortissime avversità, ma poi alla fine si conduce la nave in porto. Sogno questa sorte per la Cama, l'azienda della mia famiglia, polverizzata per mano dello Stato affiché sia una banca creditrice a raccoglierne le briciole, dopo dieci anni dal fallimento non ancora concluso. 

Lo Stato si è macchiato le mani di sangue, perché ha permesso di assegnare il laboratorio di 1530 mq. alla cifra di 118mila euro, svalutato dell'80% a una ex concorrente di Deruta. Qui ci guadagnano solo i "professionisti", che lavorano nei fallimenti, perché si prendono per prelazione almeno 25mila/30mila euro dell'importo acquisito con l'asta. Perché lo sfregio di vendere a prezzo vile? Loro, "i professionisti", ci guadagnano comunque. Poi nelle aste ci sguazzano persone già ricche, che fanno l'affare. Basti dire che le aste sono una riserva di caccia anche per la mafia. Questo per me vuole dire lasciare braccio libero a ignoranza, avidità e cattiveria. 

Pertanto già dal 2009, quando la Cama era entrata in sofferenza, ho aperto questo blog, per ricercare nell'intangibile, nell'arte e nella storia della majolica dei motivi di rinascita. Purtroppo per arrivare alle persone giuste, gli studiosi storici dell'arte, ceramologi e archivisti con cui ora sono in contatto, mi ci sono voluti dieci anni, il tempo che è servito al tribunale per distruggere i sacrifici della mia famiglia. E poi la tortura non è ancora finita.   

Quindi il motto latino arriva a proposito, perché la Cama non vuole morire, è come una persona spinta da viva in una bara, che si difende dalla chiusura del coperchio a filo di stagno, che spira lentamente per soffocamento. Ciò che si prova in un fallimento è indicibile, è una forma di violenza verso gli imprenditori onesti travolti dalla crisi, che si sono fatti trovare impreparati, con le banche che invece davano mutui senza garanzie proprio in prossimità delle crisi del 2001 del 2008, i "poteri forti" che davanti alla legge non rispondono dei propri errori, anzi si fanno aguzzini. 


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giovedì 25 novembre 2021

Gli invisibili


Chissà che fine ha fatto la giornalista del nostro TG1 Maria Luisa Busi? Ha la mia stessa età. Nel 2010 lasciò la conduzione del TG1 per i motivi che spiega nel suo libro "Brutte notizie - come l'Italia vera è scomparsa dalla tv" (Rizzoli). Sinceramente non avevo approfondito la questione a suo tempo. Mi sono ritrovata a leggere il libro, perché cercavo su Internet "Giuseppina Virgili", un'imprenditrice toscana fallita nel campo dell'abbigliamento. Così mi sono imbattuta nel libro della Busi, perché a pag. 187 (Nord Est. Il sogno spezzato) cita la vicenda di Giuseppina Virgili. 

Sembra che Maria Luisa Busi sia l'unica giornalista che dedichi un suo libro agli "invisibili", ovvero ai disoccupati, ai precari e anche ai falliti, alle persone che non hanno più voce, emarginate dalla società, che non compaiono al Tg. Ecco cosa scrive Maria Luisa Busi riguardo agli invisibili: "Se a individui come Sergio e Angela e a quelli come loro non dai la parola, se non li racconti, non li fai esistere. È semplice. È come se li annullassi dal tuo orizzonte [...]" (Gli invisibili del Tg, pag. 96). 

Qual è il problema dei falliti? Che cosa vogliono? Prima di tutto essere "ricollocati" nella società, poter ripartire con l'arte che praticavano prima del fallimento: artigianato artistico, abbigliamento fatto a mano in Italia, made in Italy, i fiori all'occhiello del nostro Paese svenduti alle aste tramite i tribunali fallimentari, che ci vedono come un conto corrente, una partita IVA e un codice fiscale

Eppure a nessuno interessa di salvare o aiutare quei falliti "fisiologici" che chiudono ogni anno, fino al 2019 circa 11.000 imprenditori (dati Cerved post Linkedin di 100milaRipartenze). Undicimila persone all'anno non interessano ai partiti politici, non interessano alla giustizia, non interessano alla gente, che nutre pregiudizi negativi verso i falliti: o sono degli incapaci o dei truffatori. Così i falliti vanno a nutrire la schiera degli invisibili, di cui scrive Maria Luisa Busi, persone che non trovano un lavoro, che diventano povere e che vengono sepolte vive per aver fallito in tempo di crisi. 

E un nuovo lavoro? Perché non si inventano qualcosa questi falliti? Provate a trovare voi un lavoro per una persona di mezz'età fallita, che ha fatto un solo lavoro per tutta la vita. Potrebbe essere un'idea a sostegno del ricollocamento dei falliti. Daremmo una mano allo Stato. I miei genitori nelle altre fabbriche di Deruta non ce li hanno voluti. Un ex concorrente ha sfruttato la disgrazia del fallimento della Cama per impossessarsi del campionario e del laboratorio, questo sì. 

 

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mercoledì 24 novembre 2021

Un sistema ben oliato

 (nella foto l'acaro della rogna sarcoptica o scabbia, il Sarcoptes scabiei


                                parola di un avvocato: "su per i tribunali fallimentari il migliore ha la rogna"

Non si capisce perché, nonostante le grida di dolore dei falliti per le ingiustizie subite, le associazioni in aiuto dei falliti e anche l'intervento della Caritas, il governo si disinteressi dei falliti. Quando le associazioni provano a proporre al parlamento una modifica dall'esterno, l'intervento sul testo di legge è tutto in velocità, contando di portare a casa il massimo, magari lo spostamento di una virgola o la variazione del tempo di un verbo. 

Come disse un'architetta di Firenze in un webinar sul tema, non si va alla sostanza del problema fallimenti. Chissà che fine ha fatto anche lei. Mi disse di risentirci a settembre, le ho riscritto, non mi ha risposto. Era fallita e al webinar aveva una storia da raccontare su come gente del giro le aveva arraffato con l'inganno una proprietà di pregio. L'hanno portata a fallire per assicurarsi l'immobile all'asta. 

Le conclusioni al riguardo sono presto fatte, perché la realtà è sotto i nostri occhi: il sistema dei tribunali fallimentari, organizzati in collaborazione con professionisti esterni e con gli istituti privati a gestione delle aste, è una struttura ben oliata consolidata e non facilmente scardinabile. 

Nei fallimenti servirebbe quindi "una vera e propria attività investigativa che porti alla luce un sistema corrotto e consolidato", come scrive una lettrice del blog. Non si spiegherebbe infatti perché ogni tentatativo di difendersi da parte degli esecutati andrebbe in fumo: "il marcio è all'interno... Giudici, curatori, avvocati, ufficiali giudiziari, commercialisti etc etc etc", aggiunge la lettrice, che sembra conoscere di cosa stiamo parlando, chissà se da esperienza personale. 

Da quanti anni esiste l'attuale organizzazione dei tribunali fallimentari in Italia? Noto che l'istituto di vendite giudiziarie più vecchio d'Italia (1961) si trova proprio in Umbria, è una Spa ed è gestito dalla stessa proprietà in quattro sedi in provincia di Perugia e di Terni. Per diversi anni ha avuto il monopolio assoluto in Italia. Ecco l'elenco completo degli IVG a questo link


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martedì 23 novembre 2021

Tirapiedi

la pratica del fallimento giudiziario ha delle analogie 
con l'impiccagione: è una forma di tortura

Il termine "tirapiedi" viene dalla pratica dell'impiccagione, in cui ho trovato della analogie con la procedura fallimentare, che passa per un tribunale. I "tirapiedi" erano gli aiutanti del boia, lo assistevano letteralmente a tirare gli arti dell'impiccato per indurre più velocemente la morte, nel caso in cui l'esecutato non fosse spirato del tutto. 

"Tirapiedi" sono anche tutti i "professionisti", che costituiscono lo stuolo di aiutanti del giudice delegato al fallimento: sono persone del mondo civile, che si prestano a lavorare per lo Stato. Qual è il risultato, quando si verifica una situazione di intervento dei privati nella causa pubblica? Lo Stato viene delegittimato dall'esterno, perché in questi casi i privati trovano una strada maestra per sfruttare lo Stato, per essere legittimati all'inefficienza, ovvero a non fare il bene del popolo, ma a riempire le proprie tasche. 

Così il 10 dicembre una famiglia umbra di ex imprenditori falliti dovrà cedere la propria casa, del valore stimato di quasi mezzo milione di euro, non un villone di cemento ma una casa di campagna col terreno coltivato, che verrà svenduta all'asta a poco meno di 100mila euro. Di questi 100mila euro, il 25% o il 30% andranno ai tirapiedi: a chi interessa di porre termine all'ingiustizia dei fallimenti? I tirapiedi vengono pagati per primi!

Il fallimento contiene molte ingiustizie e mi dice un fallito che il nuovo ordinamento non è altro che un allungamento della morte per impiccagione, che tocca agli imprenditori falliti: ti stringono il cappio al collo e poi vieni sepolto in una fossa comune, dove si trovano falliti indistinti e invisibili all'opinione pubblica. Intanto ti hanno portato via tutti i tuoi beni d'affetto e la tua prima casa: finisci sotto un ponte. 

Gli imprenditori vengono buttati in un'ossaia comune, per morte forzata da tortura tramite impiccagione; non ripartiranno mai con la loro attività di artisti artigiani. Saranno ridotti in povertà a causa di procedure di anni e anni per ingozzare i "professionisti" assunti dallo Stato, in un indotto di acque marce, dove nel torbido delle aste si muove gente senza scrupoli, col pelo sullo stomaco, gente già ricca, che ricompra a quattro soldi immobili costruiti coi sacrifici da persone perbene finite nel tritacarne della crisi.  


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domenica 21 novembre 2021

Home staging

Le aste giudiziarie sono autorizzate a svendere beni
immobili costruiti coi sacrifici. Qui i segreti dell'home staging
non servono 

Le vendite degli immobili tramite le aste giudiziarie sono una farsa: gli "esperimenti" vanno tre volte all'anno per arrivare il prima possibile al prezzo vile, ovvero un prezzo che tu non pagheresti mai nel mondo civile. Infatti i tribunali fallimentari sono espressione di inciviltà

Questa mattina mi ha scritto un'amica fallita, la sua casa valutata 475mila euro andrà all'asta il 10 dicembre, dopo appunto nove tentativi, per poco meno di 100mila euro. Questi venti giorni saranno per la mia amica come i cento passi per un condannato a morte. 

L'abitazione è una classica casa colonica umbra ristrutturata e con terreno adiacente. Siccome ci sono illeciti catastali, il bene non sarà mutuabile, ovvero il nuovo proprietario non potrà prenderci un mutuo in banca. Serviranno i soldi in contanti, mascherati da un bonifico. E questi soldi in contanti da dove vengono? 

Il tribunale indagherà se questi soldi vengono da attività in nero? Perché lo Stato permette uno scempio di questo genere, in cui si toglie da un contribuente dello Stato per regalare a chi i soldi ce li ha già? Ad immobili più abbordabili oggi si avvicinano anche le coppie di sposi, che per comprare casa prima guardano nelle aste. 

In ogni modo nella chat di messenger ho letto la disperazione di quest'amica, perchè mi ha detto che a vedere l'immobile ci sono andate diverse persone e questa volta sarà la volta buona per dire addio alla sua casa. Dove andrà, senza soldi, con la sua famiglia? Chi fallisce onestamente diventa povero. Un bel regalo di Natale da parte dello Stato. 

Il creditore, che ha fatto fallire la sua attività, non riuscirà a coprire il credito reclamato, perché coi 100mila euro ci saranno da pagare prima i "professionisti" del tribunale. I "professionisti" costano i soldi veri, non sono artigiani o commercianti. Perché questo sfregio? Perché distruggere le persone fallite in questo modo con la complicità dello Stato? Nei fallimenti chi ci guadagna


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sabato 20 novembre 2021

Di cosa vivono i falliti?

E poi ti dicono: "quel che conta è la salute"

Mi chiedo di cosa vivano i falliti, durante e a conclusione della procedura fallimentare. Nel mentre della pena, la vita dell' "esecutato" viene congelata. In questo lasso di tempo infinito nessuno ti informa di quello che ti succederà, mentre nel tuo fascicolo cresce la documentazione dell'esecuzione di morte civile della tua persona, in cui si raccolgono le ceneri da un falò della durata di almeno un decennio, in cui tutti i tuoi beni sono svenduti alle aste. 

La causa per cui mi batterei in tema di fallimenti è il fatto che con i tuoi beni se ne va anche la tua vita, perché si sconta una pena corporale, si prova un grande dolore, si vive l'emarginazione, la tua vita sconvolta da un lutto eterno. Rischi di andare via di senno. Non esiste per la statistica la voce "suicida per fallimento", preferiscono mettere le cause tra le ragioni patologiche, perché, se una persona fallita si suicida, allora diventa "depressa", in particolare subisce una "depressione da shock". 

Allora mi domando quale sia il sostentamento dei falliti. I miei genitori vivono di pensione. Hanno continuato a versare i contributi per tutti gli anni in cui hanno lavorato nella nostra fabbrica oltre l'età pensionabile, perché un artigiano è convinto di poter esercitare la sua arte finché avrà un alito vita. Con il fallimento questa vita si interrompe bruscamente. 

In questo momento i miei genitori abitano ancora nella loro prima casa, che non si sa quando tornerà all'asta. I miei genitori sono come una coppia di piccioni infreddoliti sul ramo di un albero, rimasto solo in un'isola deserta, ma che presto verranno a tagliare con la sega elettrica, il cui stridìo non li farà volare via ma li farà cadere per terra e morire una volta per tutte. È rimasto solo un albero, perché tagliarlo? 

I miei genitori non potranno usufruire di nessun beneficio per una casa popolare o un affitto a prezzo calmierato, perché il loro Isee è alto: fanno cumulo delle pensioni, a cui si aggiunge la prima casa, che risulta ancora di loro proprietà, finché non verrà svenduta all'asta a prezzo vile. In un fallimento ci sono quindi delle incongruenze illogiche e tipiche del mondo dei burocrati, che parlano un'altra lingua dal mondo civile. 

In un fallimento si verificano infatti cose incomprensibili per un cittadino "normale", che come fallito nel suo fallimento non ha voce in capitolo. Parlano i "professionisti": giudici, curatori, delegati alla vendita, custodi, uno stuolo di becchini e tirapiedi con a capo lo Stato incappucciato di nero e le mani insanguinate nonostante i guanti: il boia


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giovedì 18 novembre 2021

Fallimento: un'arte?



Per il fallimento esiste un'ambiguità di fondo generata dal concetto che fallire sia un successo. Piano un momento: stiamo confondendo la traduzione di un principio proveniente dal mondo anglosassone, ovvero "
to fail" con "to go bankrupt". Poi sull'argomento "fallimento" noi non siamo né negli Stati Uniti né in un altro Paese europeo: siamo in Italia. 

Passare per il fallimento, sentenziato da un tribunale italiano, non è la strada migliore per diventare milionari. Si deve dimenticare ogni sogno americano. Inoltre in Italia, dove c'è una disgrazia, si insinua per tradizione anche la mafia. Non c'è neanche bisogno di andare tanto lontano per studiare le conseguenze di un fallimento giudiziario, che genera comportamenti sleali di ex concorrenti e ex fornitori di un posto, disinteresse delle amministrazioni, sfregi, abbandoni e soprattutto molto dolore negli esecutati. 

Torniamo alla differenze di "to fail" e "to go bankrupt": il primo significa "non avere successo", "mancare un risultato", "fare una prova e non riuscirci"; il secondo "to go bankrupt" vuole dire "fare bancarotta", "essere dichiarati falliti da un tribunale" ma soprattutto vuol dire finire nella mani dei burocrati sia statali che acquisiti, perché i giudici delegati dei tribunali si dotano di uno stuolo di "professionisti" del mondo civile, che ti cuociono a puntino e finché non hanno visto la fine non mollano la presa. Questo per anni e anni. 

Per non parlare poi del fatto che "fare bancarotta" in Italia viene giudicato come "bancarotta fraudolenta", quindi c'è la ferma idea che in un fallimento si fallisca intenzionalmente, per uscirne con le tasche piene di soldi. Invece, se fallisci da persona onesta, sei ancor più penalizzato di un delinquente: non vai in galera ma ti stringono il cappio al collo. Diventi povero, sei tagliato fuori dalla vita d'impresa e "ne esci con le pezze al culo", come mi scrive un'imprenditrice di Empoli, che una decina di anni fa finì sui giornali, ma che non riuscì ad evitare il fallimento e oggi aspetta la morte: una creativa che non consideriamo una "risorsa" e per la nostra società diventata invisibile

L'ìmprenditrice toscana ha invece un nome e un cognome, si chiama Giuseppina Virgili e viene anche citata nel libro di Maria Luisa Busi dal titolo "Brutte notizie - come l'Italia vera è scomparsa dalla tv" (Rizzoli, 2010), libro che ora si trova solo in biblioteca, usato o formato Kindle. Dove vanno a finire in Italia le grida di dolore degli imprenditori falliti e delle imprenditrici fallite? Nessuno le ascolta, perché dei falliti e delle fallite, dei nostri artigiani artisti italiani, non interessa niente a nessuno. L'arte e i loro artisti sono sotterrati da vivi e per sempre nel cimitero dei fallimenti ad opera di abili mani, che di arte non hanno nulla. Questi "professionisti" non producono ricchezza per l'Italia ma sanno bene come riempirsi le tasche con le disgrazie altrui. 


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lunedì 15 novembre 2021

Sui falliti chi ci guadagna?



Esiste un'economia parallela ai fallimenti giudiziari, in cui si insinua la mafia e gli speculatori, tra cui ex concorrenti del tuo stesso territorio. Non esiste una regolamentazione riguardo agli acquirenti delle aste, di cui il tribunale non fornisce un registro pubblico. 

Ogni grido di ingiustizia dei falliti è inascoltato; i giudici sono come secondini, che passano per i gironi infernali danteschi e non si curano di chi soffre per procedure senza fine e che, come conseguenza del fallimento, provocano dolore fisico, sfregio ed emarginazione sociale.

I falliti rientrano tra i poveri, perché se fallisci da persona onesta, ne esci distrutto e senza soldi. Sei perseguitato a vita dal tribunale per via giudiziale e dai cartolarizzanti per via extra-giudiziale: è una vita senza tregua. 

Sembra che il solo che si interessi ai poveri sia il Vaticano, perché, per quanto riguarda la giustizia, tu puoi fare poco o niente. Ad esempio non puoi portare al giudice come osservazione che chi si è aggiudicato il tuo laboratorio è un ex concorrente di Deruta fradicio di soldi e che tramite le aste il tribunale sta regalando un bene svalutato dell'80% a persone che sono già ricche. 

Qual è la convenienza dello Stato a intervenire nel fallimento di un'azienda artigiana, riducendola in polvere, senza più introiti per le sue casse, favorendo il mercato delle aste, in cui gravitano persone senza scrupoli e concorrenti sleali, che si arricchiscono a spese delle disgrazie altrui? 

E pensare che, se all'asta non fosse intervenuto questo ex-concorrente di Deruta, il laboratorio ce l'avrebbero ridato: certo ora è come una nave alla deriva, sventrato dai pirati e ridotto a quattro tavole di legno infradiciato. A dicembre saranno passati dieci anni dall'istanza di fallimento e tredici anni dall'esecuzione immobiliare da parte della banca. In questi anni il tribunale ha raccolto le briciole, regalando strumenti da lavoro e ora il laboratorio a speculatori dello stesso paese. Un'azione crudele, "a cruel act", dicono i clienti americani, che ho già avvertito per far sapere di cosa è capace l'azienda da cui si servono e che si è aggiudicata il nostro laboratorio.  


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venerdì 5 novembre 2021

Giochi di parole



Dopo decenni di dibattiti parlamentari, i governanti dicono di essere arrivati a una modifica della legge fascista sul fallimento, che risale al 1942: ma noi poveri mortali ci capiamo qualcosa sulla sua sostanza? Sappiamo dove andremo a finire, se la nostra azienda dovesse fallire? Quale sarebbe la sorte di un fallito in caso di fallimento sentenziato da un tribunale? 

Ve lo dico subito: non ci si capisce niente, non esiste comunicazione. Infatti i giuristi, e chi per loro, parlano prima di tutto un linguaggio desueto, come se recitassero da un palco di un teatro seicentesco, con tanto di riccioli linguistici al pari delle loro parrucche, latinismi conosciuti come "brocardi". Poi non esiste cura ma solo forma. 

Basti pensare che l'ultima trovata della giustizia è stata di rimpiazzare la parola "fallito" con "debitore assoggettato a liquidazione giudiziale", tanto per allungare il brodo ed edulcorare un'esperienza crudelmente disumanizzante, in cui oltre a subire le conseguenze del debito per anni e anni, il fallito sconta una pena corporale, perché provare dolore ed essere privati della libertà è una pena ulteriore, che i falliti innocenti non meritano di sommare alla disgrazia subita. 

Simili modo, come diceva in latino il prete dall'altare, il termine "fallimento" è stato sostituito da "liquidazione giudiziale" e "procedura fallimentare" è diventato "procedura di liquidazione giudiziale". Siamo abituati da tempo a queste scalate lessicali delle parole, che attengono al significante, ovvero a come si scrivono i termini: negli anni "infelice" è diventato "handicappatopoi "disabile" e infine "diversamente abile". 

Se è vero che il fenomeno della mutazione delle parole è comune anche alle lingue straniere, per noi italiani - adulatori della burocrazia - l'azione di modifica dei termini usati diventa prioritaria. La presa in giro di questi giochi di parole esiste, perché con la legge 132/2015 detta "legge Renzi" si è dato il via alla vendita all'asta dei beni dei falliti a prezzo vile, una vergogna e un ulteriore sfregio per il fallito, che non viene tutelato e continua così a rimanere debitore per tanti altri anni della sua vita, forse anche fino alla sua morte, specie se il bene è oggetto di esecuzione immobiliare: voi non aspettereste il prezzo vile prima di comprare dalle disgrazie altrui?   


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lunedì 1 novembre 2021

Il favore dell'arte


Sono passati dieci anni da quando mi sono trasferita da Deruta a Piegaro, al confine tra Umbria e Toscana. Nel dicembre 2011 la fine della nostra azienda si stava avvicinando e non c'era più scampo o possibilità di ripresa. Volevo trovare strade nuove per fare impresa nell'artigianato artistico attraverso l'incontro di persone sul territorio ma lontano da Deruta: è stato un disastro. 

A dicembre 2019 sono entrata a far parte dell'associazione #100milaripartenze con sede a Treviso come beneficiaria dei servizi di assistenza gratuiti per i falliti. Qui, a contatto con mentori e coach, ho capito che la scelta migliore di questo tempo trascorso in alto mare sarebbe stata quella di seguire dei master di gestione aziendale, marketing, amministrazione o perfino iscrivermi a Economia e Commercio, così da acquisire gli strumenti utili a fare innovazione in ambienti favorevoli e al riparo da nuove delusioni. 

Cosa pensate? Avrò sprecato il mio tempo? Dieci anni sono un bell'investimento. 

In ogni modo esiste un lato positivo riguardo agli anni spesi lontano da Deruta: ho scoperto che solo arte e cultura sono riusciti a confortarmi e hanno dato spazio alla mia creatività. Infatti nell'ottobre 2017 sono andata a cantare con la Corale Berardo Berardi di Tavernelle e qui ho potuto realizzare e pubblicare il mio saggio dedicato a Berardo Berardi, a valorizzazione dell'associazione. Poi ogni altro tentativo di concretizzazione del libro attraverso attrattori sul territorio è naufragato e così ho abbandonato la visione. 

Successivamente quest'anno sono entrata in contatto con il Centro Cagianelli per il 900 di Pisa, con il quale ho realizzato un desiderio tenuto a lungo nel cassetto: scrivere la storia della CAMA, organizzata in cinque puntate da maggio a ottobre scorso. Ora per me si aprono nuovi orizzonti, mentre non si è ancora concluso il procedimento fallimentare della fabbrica, che si risolve nella distruzione di un'azienda per regalarla letteralmente a ex concorrenti e fornitori di Deruta, che si sono presi i forni, la campionatura e ora anche il laboratorio artigiano per un importo definito "prezzo vile". 

Qual è la morale della mia esperienza di questi anni? Se sei in difficoltà le persone opportuniste pensano come utilizzare il tuo talento a proprio uso e consumo; le persone mediocri neanche ti capiscono, causandoti danni, le persone malvagie ti massacrano finché non c'è rimasta una goccia di sangue. In tutto questo sciacallaggio solo arte e cultura ti aprono le loro porte, ti offrono una terra da coltivare, orizzonti da scoprire, mettendoti a disposizione strumenti da lavoro a tuo beneficio, da elargire poi alla comunità. 

Quindi in conclusione, solo lo strumento dello studio è inalienabile, imparziale, giusto e democratico, a disposizione di tutti, unica opportunità su cui contare. Già nel 2009 agli esordi del blog la mia visione era di tornare alle origini dell'arte ceramica tramite arte e cultura. Non era però sufficiente. Ora, dopo tanta sperimentazione, la mia intuizione iniziale trova una prova concreta e va oltre, perché nel frattempo mi sono anche riempita di contenuti e ho finalmente incontrato le persone giuste. Mi sento così di aver trovato una risposta a tanti anni di attesa e che il tempo passato non sia stato vano. 


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