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giovedì 6 gennaio 2022

Epifania di un fallito

Quale epifania per un fallito? 

Nel mese di marzo prossimo festeggeremo dieci anni dal fallimento della nostra azienda. Se parli con un tecnico, ti dice che devi stare contento, perché le aste vanno per le lunghe e non ti hanno ancora portato via la casa. Intanto tu sei fallito e non puoi avere un conto in banca, non puoi ricominciare un'attività, perché le banche non ti fanno credito, stai dentro la tua casa in attesa che la tortura del fallimento finisca. Non era forse meglio un colpo secco e via? Un taglio della testa immediato, come ai tempi della crudeltà (come se oggi non fosse peggio di allora), così da chiudere la questione e ripartire con una "fresh start in life"? 

Quando fallisci, non terminano infatti la sofferenza bancaria e l'incapacità di uscire da acque melmose, ma inizia invece il procedimento lungo e penoso di spoliazione lenta da parte del tribunale, una morte civile in mano ad aguzzini messi lì dallo Stato, che non controlla cosa succede ai suoi ex contribuenti e ex sostituti d'imposta, che eravamo noi. Il disinteresse dello Stato verso i falliti è roba da far accapponare la pelle.

Quindi non esiste epifania per un fallito, l'evoluzione della sua stella non raggiunge il suo apice, perché la vacca deve rimanere viva e alimentare 1) un mercato immobiliare parallelo a quello civile, in cui le agenzie immobiliari si sono inserite come consulenti 2) favorire mafiosi e speculatori, senza fornire un registro dei compratori, che godono di tutele 3) distruggere le famiglie che davano vita all'azienda, perché anche i figli dei falliti vengono perseguitati in via extra-giudiziale tramite i cartolarizzanti. 

In tribunale farebbero meglio a scrivere "processo" fallimentare anziché "procedura" fallimentare, perché in un fallimento si sconta una pena detentiva, come persona vieni privato della tua libertà di tornare a lavorare come artigiano. Nessuno ti prende alle dipendenze, alle aziende concorrenti interessa approfittare della tua morte, impossessandosi di campionari e laboratori tramite le aste. Scrivono che con il fallimento non si possono esercitare le seguenti professioni: farmacista, avvocato, dottore commercialista, notaio, che per me è una presa in giro: ne avete visto fallire uno? Come farebbe un imprenditore a ricoprire queste professioni? 

Chi fallisce infatti sono artigiani e commercianti, spesso senza un titolo di studio, ma che con passione e dedizione hanno portato avanti aziende per decenni e non erano preparati alle crisi del 21° secolo, pur avendo commercialisti e consulenti al proprio fianco, necessità generata dagli impegni burocratici richiesti dallo Stato e che hanno aumentato le spese di gestione, come se si fosse un'azienda di grandi dimensioni. 




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mercoledì 15 dicembre 2021

I burocrati, un mondo al contrario

Il trionfo della morte, Bartolo di Fredi (1360 ca.), particolare, Chiesa di
San Francesco, Lucignano (AR) 

È curioso ascoltare come viene trattata la materia dei fallimenti dall'altra parte della barricata, ovvero da chi ci lavora: avvocati, notai, commercialisti, ovvero gli ausiliari dei giudici fallimentari. Se ti capita di fallire, serve di arrivarci preparato, studiarti come e cosa fare con gli strumenti a tua disposizione, in quanto sembra che i delegati alla vendita stiano lì per aiutare anche te, fallito, perché operano in nome della giustizia. 

A me quanto dicono loro non risulta affatto. Noi abbiamo contattato per la prima volta il delegato alla vendita del nostro laboratorio artigiano per sapere chi se lo fosse aggiudicato nel mese di ottobre scorso e ci ha detto di fornirci di un avvocato, così da accedere agli atti. Nessuno ci ha mai messo a disposizione un canale di comunicazione col tribunale o inviato istruzioni. Vedevamo sporadicamente il curatore fallimentare, che passava a casa per sbrigare delle pratiche.

Quindi? Rapportarsi agli ausiliari e ai giudici di un tribunale è come riferirsi alla pubblica amministrazione, ovvero ai burocrati. D'altra parte sono burocrati di lusso: devi essere tu a contattarli e per fare da tramite col non-plus-ultra della burocrazia serve un legale. Non esiste quindi cura verso i falliti, che si sono anche suicidati, quasi 1.000 persone attestate dal 2012 al 2018 secondo l'Osservatorio della Link Campus University, ma che per le statistiche Istat passano da depressi. 

Così è rimasta in anagrafe sanitaria mia madre, che ha tentato il suicidio, ma depressa non è mai stata in vita sua e fa parte dei restanti 717 italiani, che hanno tentato il gesto estremo. Aveva solo visto sfumare il lavoro di una vita per una crisi planetaria, in cui nel 1999 le banche continuavano a erogare mutui senza garanzie, anno di approvazione delle cartolarizzazioni bancarie da parte dello Stato.   


Le statistiche Istat sui suicidi si sono fermate al 2017




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martedì 7 dicembre 2021

Sotto scacco

Cinquecentesimo post del blog Friends of Cama

Come conseguenza del fallimento dell'azienda della mia famiglia, mi sono stati tolti già dieci anni di vita, anni in cui ho vagato per il mondo come una barbona, senza che nessuno si accorgesse di me. Il mondo in crisi continuava la sua corsa, chi ce l'aveva fatta non aspettava chi era caduto. Ho scoperto un mondo senza pietà

Dedico questo mio cinquecentesimo post del blog ai miei dieci anni di avventura sul territorio alla ricerca di collaborazioni, di persone con cui fare qualcosa in tempo di crisi, a un'esperienza assurda, umanamente lacerante, un contromondo che non si conosce, a meno che non si transiti per un'esperienza massacrante come il fallimento, che passa per un tribunale fallimentare. 

Nei fallimenti si parla e si scrive di "poteri forti", ma la gente comune non è da meno in termini di crudeltà. Ho bussato a tante porte e ogni volta non era per aiutarmi, ma per usare le mie competenze per progetti propri. La gente dovrebbe sapere cosa succede in un fallimento, così si capirebbe che un fallito è una risorsa di prima qualità: se il fallito sopravvive all'esperienza del fallimento giudiziario è un eroe o un'eroina, per la collettività può essere capace di grandi cose. 

Le ragioni per cui in questi anni non mi sono rifatta una vita professionale sono tutte determinate dall'impossibilità di conoscere il mio destino segnato dal fallimento della Cama Deruta: le leggi sul fallimento uniformano infatti le regole destinate alla piccola impresa con quelle della grande industria: io, che ero socia in azienda nel momento in cui, nel 1999, con la mia famiglia abbiamo contratto il mutuo per l'ampliamento del laboratorio artigiano, vengo trattata da fidejussore. 

Sarò quindi perseguitata a vita dai cartolarizzanti, ai quali nel frattempo la banca ha venduto il credito vantato nei confronti della nostra azienda. Ma l'azienda è fallita nel marzo 2012 e prima del fallimento nel 2008 la banca si era già presa il laboratorio, aggiudicato dopo 16 esperimenti d'asta a una ex concorrente di Deruta con una svalutazione dell'80%. Le banche sono quindi autorizzate a prendere da due parti: tramite il tribunale ti prendono i beni immobili, tramite i cartolarizzanti ti reclamano il credito per il quale il bene immobile è già andato all'asta. Non si rendono conto che stanno attaccando la stessa famiglia, falliti e fidejussori, finiti sul lastrico per una crisi alimentata dalle stesse banche. Prendere da due parti per una stessa causa è UN'INGIUSTIZIA. Se passi per il tribunale, non puoi attaccare anche come privato. 


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domenica 5 dicembre 2021

Banditi


Mi sono serviti quasi dieci anni per entrare nel merito del fallimento, che passa per un tribunale fallimentare. Mi si è accesa la lampadina sulla realtà del fallimento, come a un carcerato sotto tortura, quando lo Stato ha permesso che mi si pignorasse il conto corrente e la postepay per meno di 5 euro totali. Nel fallimento dell'azienda della mia famiglia, la Cama Deruta, sentenziato dal tribunale di Perugia nel 2012, io risulto infatti un fidejussore, quindi la mia sorte non è da meno di quella di un fallito. 

Così di conseguenza sono entrata in contatto con delle associazioni di volontariato che vanno in aiuto dei falliti e la Caritas diocesana; ho scoperto poi un mondo al contrario, che gravita intorno ai falliti giudiziari, inclusi i tirapiedi e i becchini, stimati "professionisti" di un'industria molto fiorente in Italia, dove, come ben si sa, nelle disgrazie si insinua la mafia e anche la massoneria, gente taccagna e cattiva, che sfrutta le debolezze altrui per arricchirsi e fare affari. 

Poi mi sono creata una audience di amici e amiche, che leggono i miei post in questo blog. La parola chiave che più mi risuona è: sposare la causa dei falliti e delle fallite in Italia, ovvero mettere in chiaro gli impedimenti attivati dallo Stato per non far ripartire gli imprenditori e le imprenditrici nel loro mestiere. Se sei fallito e vuoi riaprire un'azienda, devi ricorrere a sotterfugi, prestanomi, mosse al limite della legalità perché col fallimento diventi invisibile. 

L'aggettivo "invisibile" è stato usato da Maria Luisa Busi nel suo libro "Brutte notizie - come l'Italia vera è scomparsa dalla tv", edito da Rizzoli nel 2010. Poi successivamente è uscita una pubblicazione dal titolo "Storie di vita invisibili" (2013), ideata da Giuseppina Virgili, imprenditrice toscana fallita finita sulla cronaca e che era arrivata anche in tv da Nicola Porro, aveva ricevuto l'appoggio di certi politici, aveva fondato una sua associazione nazionale, ottenuto un'apertura da parte della Regione Toscana. Poi il nulla. Giuseppina Virgili non è ripartita, i suoi sogni d'impresa in un cassetto a chiusura stagna. Una non vita. 

Perché per fare l'imprenditrice dovrei ricorrere a sotterfugi, prestanomi e altro, quando io la bandita non l'ho mai fatta in vita mia? Perché non esiste una legge dello Stato per cui dopo il fallimento io possa ripartire come libera cittadina dello Stato, in cui il fallimento si ferma al momento in cui fallisci e ti prendono quello che c'era prima? Il fallimento non può essere un "fine pena mai", questa è un'ingiustizia. Non si può distruggere il capitale e insieme anche la persona fisica. Questa è crudeltà, cattiveria, ignominia dettata solo dalla sete di denaro, ben difesa da chi delegittima lo Stato nel difendere i suoi imprenditori caduti il tempo di crisi.  


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giovedì 2 dicembre 2021

Parenti serpenti



"Parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli" recita il detto popolare che non sbaglia quasi mai, specie nelle situazioni in cui c'è di mezzo il denaro, che annulla ogni forma di solidarietà, fratellanza e comprensione per diventare strumento diabolico, di separazione. 

Così, con la miccia accesa dal fratello di mia madre, che dopo 40 anni alla Cama ha reclamato il tfr proprio nel momento di difficoltà dell'azienda, noi della famiglia, esattamente dieci anni fa, siamo stati catapultati nel girone infernale dei fallimenti sanciti dal tribunale. 

In sede di udienza tre mesi dopo il deposito dell'istanza di fallimento in data 30 dicembre 2011, il giudice Umberto Rana si meravigliò di quest'azione da parte di un fratello, che poi grazie al fatto che aumentammo a tutti i dipendenti il minimo tabellare, ora prende una delle pensioni da artigiano più alte in tutta Deruta. 

Perché mio zio non ha potuto aspettare tempi migliori per riavere il tfr, che dovrebbe essere messo in busta paga per legge, oppure cancellato direttamente dalla faccia della terra? Noi, appena c'è stato un po' di benessere, coi dipendenti abbiamo condiviso i profitti, alzando appunto i minimi tabellari e questo è stato il risultato. 

I tempi sono maturi secondo me per un cambio di rotta anche nel mondo dell'impresa. Il nuovo paradigma impone che non esistano più i dipendenti né i "padroni" di contadina memoria, ma un mondo alla pari.  Così saremmo tutti uniti a condividere i profitti e insieme i rischi. Se così fosse, non sarebbe possibile da parte di un dipendente mettere in atto azioni distruttive come quella di piantare i chiodi alla nostra famiglia dopo 40 anni e con in mezzo una parentela stretta. 


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martedì 30 novembre 2021

Fluctuat nec mergitur

SanchoPanzaXXI, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Ho scoperto che la locuzione latina "Fluctuat nec mergitur" è il motto della città di Parigi. Significa: È sbattuta dalle onde ma non affonda, Il est battu par les flots, mais ne sombre pas, it is tossed by the waves but does not sink. Il motto è valido per tutte le situazioni in cui sussistono delle fortissime avversità, ma poi alla fine si conduce la nave in porto. Sogno questa sorte per la Cama, l'azienda della mia famiglia, polverizzata per mano dello Stato affiché sia una banca creditrice a raccoglierne le briciole, dopo dieci anni dal fallimento non ancora concluso. 

Lo Stato si è macchiato le mani di sangue, perché ha permesso di assegnare il laboratorio di 1530 mq. alla cifra di 118mila euro, svalutato dell'80% a una ex concorrente di Deruta. Qui ci guadagnano solo i "professionisti", che lavorano nei fallimenti, perché si prendono per prelazione almeno 25mila/30mila euro dell'importo acquisito con l'asta. Perché lo sfregio di vendere a prezzo vile? Loro, "i professionisti", ci guadagnano comunque. Poi nelle aste ci sguazzano persone già ricche, che fanno l'affare. Basti dire che le aste sono una riserva di caccia anche per la mafia. Questo per me vuole dire lasciare braccio libero a ignoranza, avidità e cattiveria. 

Pertanto già dal 2009, quando la Cama era entrata in sofferenza, ho aperto questo blog, per ricercare nell'intangibile, nell'arte e nella storia della majolica dei motivi di rinascita. Purtroppo per arrivare alle persone giuste, gli studiosi storici dell'arte, ceramologi e archivisti con cui ora sono in contatto, mi ci sono voluti dieci anni, il tempo che è servito al tribunale per distruggere i sacrifici della mia famiglia. E poi la tortura non è ancora finita.   

Quindi il motto latino arriva a proposito, perché la Cama non vuole morire, è come una persona spinta da viva in una bara, che si difende dalla chiusura del coperchio a filo di stagno, che spira lentamente per soffocamento. Ciò che si prova in un fallimento è indicibile, è una forma di violenza verso gli imprenditori onesti travolti dalla crisi, che si sono fatti trovare impreparati, con le banche che invece davano mutui senza garanzie proprio in prossimità delle crisi del 2001 del 2008, i "poteri forti" che davanti alla legge non rispondono dei propri errori, anzi si fanno aguzzini. 


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giovedì 28 ottobre 2021

Occasione mancata o liberazione?

Nave alla deriva (fonte:web) 

Nel 2019 il nostro laboratorio artigiano era stato svalutato per il 70% e quindi il delegato alla vendita aveva richiesto alla giudice la chiusura dell'esecuzione immobiliare. A questa proposta si è opposto il Cerved (Credit Management Group), cartolarizzante per conto della banca Popolare di Spoleto, che nel 2007 aveva concesso alla nostra azienda un mutuo fondiario, all'interno di un pool di istituti di credito locali, senza le opportune garanzie: ne sia la prova che l'anno successivo, nel 2008, l'Unicredit ha fatto mettere in esecuzione immobiliare la sede della nostra fabbrica.

Quindi gente che noi neanche conosciamo, i cartolarizzanti, ci attaccano per far andare avanti la macchina distruttiva dell'esecuzione immobiliare: per ottenere cosa? Ora l'immobile è stato aggiudicato all'asta per una cifra irrisoria, che svaluta il bene dell'80%: quanto arriverà alle tasche di questi cartolarizzanti, dopo che sono stati soddisfatti i professionisti del tribunale con precedenza sui creditori, oltre al risarcimento insufficiente del credito vantato dall'Unicredit? 

L'altro giorno ho visto su Google maps la nostra fabbrica per la prima volta dall'alto: è un budello stretto nella parte più in ombra dell'edificio, fatto costruire nel 1960 con l'avvallo fidejussorio dei miei bisnonni e formalmente diviso a metà col vicino. Le vicissitudini, che sono seguite, ci hanno messo in svantaggio con il diretto concorrente a fondello, ex socio della fabbrica e poi anche con il nonno, che era presidente della Cama, causando notevoli problemi familiari oltre che economici.

Quindi mi sono detta che non mi interesserebbe riavere l'immobile, che ora è sventrato della sua vita ed è una carcassa di legni alla deriva: sarebbe per me solo una spesa, che non potrei affrontare. In tutto questo vorrei però capire la logica che sta alla base della procedura fallimentare e di come lo Stato permetta di affossare cose e persone per mano di chi tale distruzione l'ha permessa, ovvero le banche, che hanno concesso mutui senza garanzie in tempo di crisi.

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martedì 26 ottobre 2021

Le zampe delle mosche


Per i fallimenti viene adottato un modo di fare patologico, pari al gioco dei maschi
nello staccare le zampe alle mosche vive

Mi ricordo che da piccola i maschi giocavano a catturare le mosche e a staccare loro le zampe con l'animale ancora vivo. L'insetto faceva un rumore di difesa, ma ogni tentativo di fuga era vano. Sentirsi staccare una zampa alla volta è la sensazione dolorosa che si prova, quando finisci in un fallimento sentenziato da un tribunale. 

Vieni spogliato dei tuoi beni e della tua vita un pezzo per volta, mentre la tua esistenza si annulla parallelamente alla procedura fallimentare: beni e vita procedono sui binari di uno stesso treno verso la morte, perché ciò che ti portano via è la tua vita, che diventa una carcassa agonizzante, di cui si cibano persone senza scrupoli autorizzate dallo Stato. 

Ritrovo il cinismo, che usavano i maschi per strappare le zampe alle mosche, nell'istituzione del fallimento. Sono quindi convinta che la procedura fallimentare sia una creazione "maschia", perché non c'è cura e logica materna, di difesa della persona che subisce il danno di indebitarsi, finendo in un gioco al massacro. Per l'esecutato non c'è via d'uscita. Non ci potrebbe essere parola più esatta di "esecutato", perché sei su un patibolo. 

Pertanto si capirebbe perché una famiglia intera venga messa al palo per più di dieci anni al fine di racimolare briciole in termini di denaro recuperato tramite le aste giudiziarie, svendendo i beni uno per volta senza nessun riguardo del loro valore, come a smaltire parti inservibili di bestie da macello. Non vali più niente, perché ti viene negata la libertà. 

Se fallisci, non hai scampo e non potrai mai riprendere la tua vita sulle tue gambe, ripartire da dove eri arrivato, fare l'imprenditore: la tua vita sarà distrutta. Se riuscirai a sortire vivo da un'esperienza di fallimento come quella che stiamo vivendo nella nostra famiglia, niente sarà più lo stesso. Perché fanno questo? Qual è lo scopo di tanta distruzione da accattoni? Qual è l'obiettivo di tenere le persone ferme per anni e anni senza poter riprendere in mano la propria vita da persone libere


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lunedì 25 ottobre 2021

Affari sicuri

Grandi affari alle aste giudiziarie: il gioco facile a distruzione di persone e cose

Lo Stato permette di fare affari sulla pelle dei falliti in maniera spudorata. Nel 1999 la nostra azienda artigiana era stata ampliata e ammodernata col mutuo bancario, che ci ha fatto affondare nel 2012 dopo un lungo periodo di agonia, conosciuto come "sofferenza bancaria", durante il quale non puoi uscire dalla secca in cui sei incagliato. 

Nel frattempo a partire dal 2008la banca con un'esecuzione immobiliare ha messo all'asta il nostro laboratorio artigiano e dopo 16 esperimenti d'asta, lo scorso 6 ottobre 2021 un ex concorrente di Deruta si è aggiudicato il bene per un valore esiguo, a base d'asta o poco più, perché era l'unico concorrente in gara. Quanto andrà a pagare l'acquirente della fabbrica corrisponde al 16% del valore iniziale stimato del bene da parte del tribunale. All'affarista piace giocare facile! 

La mia domanda è: ma alla banca è convenuto far passare tutti questi anni (2008-2021) per recuperare quanto potevamo pagare noi della Cama, se la banca avesse avuto la stessa pazienza di aspettare il nostro rientro? Che poi, per dirla tutta, quanto paga l'acquirente alle aste non finisce nelle casse della banca per intero, perché prima ci sono da pagare i compensi per i "professionisti" della sezione fallimentare del tribunale, che hanno la precedenza sui creditori. 

Da quest'esempio il fallimento sembra un gioco al massacro e nulla più, uno sfregio per chi fallisce. Come è possibile che si verifichino situazioni del genere? Qual è l'obiettivo di tanto dispiego di forze da parte dello Stato? Dove sta la convenienza per lo Stato a sbarazzarsi di un'azienda artigiana che era fonte di contributi e lavoro per il territorio?

Allora è forse chiaro che il sistema viene tenuto in piedi dallo Stato stesso per far entrare soldi nelle casse dello Stato tramite gli ultimi aneliti di un'azienda, che potrebbe opporsi alla vendita (bolli, spese etc.) e anche dai "professionisti" che durante la procedura ci tirano fuori belle somme vivendo delle disgrazie altrui? A chi interessa non far fallire le piccole aziende artigiane? Le associazioni di categoria non si pronunciano e neppure le Camere di Commercio sembrano sensibili all'argomento "fallimento". Per non parlare dei sindacati dei dipendenti, ancora fermi al contrasto del "padrone". 

Infine, per chi fallisce non esiste una tutela neanche come debitore, perché svilire i beni in questo modo porta a non coprire il debito con conseguente insoddisfazione dei creditori. A chi conviene sostenere la fiorente industria dei fallimenti


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giovedì 21 ottobre 2021

Sulla graticola

San Lorenzo martire III secolo d.C.

San Lorenzo, festeggiato il 10 agosto, è un martire cristiano protettore della città di Perugia. Morì da martire arrostito sulla graticola, suo attributo in molte rappresentazioni artistiche. Anche noi della Cama siamo sulla graticola ma da falliti e non sappiamo se riusciremo a uscire vivi da quest'esperienza di fallimento, una tortura senza fine messa in atto dai creditori, che del fallimento raccoglieranno le briciole. 

Sono passati già tredici anni dall'esecuzione immobiliare del nostro laboratorio artigiano in via Tiberina 113 a Deruta, a fronte del quale non si è scagliata solo la banca ma anche i cartolarizzanti, ai quali l'istituto ha nel frattempo venduto il credito. I cartolarizzanti reclamano il credito a noi figli, perché nel mutuo contratto siamo "fidejussori"; ma noi eravamo soci in azienda e non avevamo altri introiti. Come facciamo a rimettere il debito? 

Questo non è il peggio che ti può succedere se finisci in disgrazia in un fallimento; ti attaccano parenti di sangue e anche ex concorrenti di Deruta, gente del paese senza scrupoli. Infatti nel 2011 ha fatto istanza di fallimento della fabbrica il fratello più piccolo di mia madre, che nella fabbrica aveva lavorato per 40 anni. Non poteva più aspettare per ottenere il tfr e comprarci un'Alfa Romeo rossa fiammante di concessionario. 

Poi ora viene il bello: il nostro campionario di centinaia di pezzi è stato acquistato all'asta a pochi spicci da un ex concorrente di Deruta, che ora si è aggiudicato anche il nostro laboratorio a prezzo vile al 16° esperimento d'asta. Queste sono le persone con cui abbiamo vissuto a Deruta, che si pregia di essere il "paese dell'arte civile". Mi vorrete obiettare: "coi soldi ognuno fa quel che vuole" o "all'asta possono partecipare tutti" ma esiste anche un limite di tolleranza alla prevaricazione dei soldi sui valori di convivenza dettati dal rispetto.

Quindi, quando i governanti italiani emanano leggi ingiuste e fratricide come il regio decreto sul fallimento, di cui anche le riforme mantengono il regime di sfregio del fascio, allora si capisce veramente che il governo parla a nome di noi italiani, un popolo senza riguardo verso i fratelli e che negli anni si è comportato da vigliacco e voltagabbana nei grandi e piccoli eventi della storia: sempre e solo per i soldi, perché non ci sono valori che tengano davanti al dio denaro, promotore di prepotenze, invidie e crudeltà. 


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