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martedì 23 novembre 2021

Tirapiedi

la pratica del fallimento giudiziario ha delle analogie 
con l'impiccagione: è una forma di tortura

Il termine "tirapiedi" viene dalla pratica dell'impiccagione, in cui ho trovato della analogie con la procedura fallimentare, che passa per un tribunale. I "tirapiedi" erano gli aiutanti del boia, lo assistevano letteralmente a tirare gli arti dell'impiccato per indurre più velocemente la morte, nel caso in cui l'esecutato non fosse spirato del tutto. 

"Tirapiedi" sono anche tutti i "professionisti", che costituiscono lo stuolo di aiutanti del giudice delegato al fallimento: sono persone del mondo civile, che si prestano a lavorare per lo Stato. Qual è il risultato, quando si verifica una situazione di intervento dei privati nella causa pubblica? Lo Stato viene delegittimato dall'esterno, perché in questi casi i privati trovano una strada maestra per sfruttare lo Stato, per essere legittimati all'inefficienza, ovvero a non fare il bene del popolo, ma a riempire le proprie tasche. 

Così il 10 dicembre una famiglia umbra di ex imprenditori falliti dovrà cedere la propria casa, del valore stimato di quasi mezzo milione di euro, non un villone di cemento ma una casa di campagna col terreno coltivato, che verrà svenduta all'asta a poco meno di 100mila euro. Di questi 100mila euro, il 25% o il 30% andranno ai tirapiedi: a chi interessa di porre termine all'ingiustizia dei fallimenti? I tirapiedi vengono pagati per primi!

Il fallimento contiene molte ingiustizie e mi dice un fallito che il nuovo ordinamento non è altro che un allungamento della morte per impiccagione, che tocca agli imprenditori falliti: ti stringono il cappio al collo e poi vieni sepolto in una fossa comune, dove si trovano falliti indistinti e invisibili all'opinione pubblica. Intanto ti hanno portato via tutti i tuoi beni d'affetto e la tua prima casa: finisci sotto un ponte. 

Gli imprenditori vengono buttati in un'ossaia comune, per morte forzata da tortura tramite impiccagione; non ripartiranno mai con la loro attività di artisti artigiani. Saranno ridotti in povertà a causa di procedure di anni e anni per ingozzare i "professionisti" assunti dallo Stato, in un indotto di acque marce, dove nel torbido delle aste si muove gente senza scrupoli, col pelo sullo stomaco, gente già ricca, che ricompra a quattro soldi immobili costruiti coi sacrifici da persone perbene finite nel tritacarne della crisi.  


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Post originali di Roberta Niccacci
Storia di un'azienda artigiana italiana in tempo di crisi
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2 commenti:

Unknown ha detto...

Cara Roberta, un sistema marcio e corrotto a partire dall'interno dei tribunali fallimentari.

Anonimo ha detto...

Nei fallimenti, servirebbe una vera e propria attività investigativa che porti alla luce un sistema corrotto e consolidato. Che schifo! Gente senza scrupoli.