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mercoledì 20 ottobre 2021

Estetica ed etica del fallimento

In Italia la forma prevale sul contenuto


La "Riforma Renzi" del 2016 ha cancellato la parola "fallimento", sostituendo il termine con "liquidazione giudiziale", mentre l'anno precedente lo stesso governo operava lo sfregio di consentire la vendita a prezzo vile degli immobili all'asta con la legge 132/2015 conosciuta come "Legge Renzi". Una testimonianza dolorosa e beffarda di come in Italia noi siamo per la forma e non per la sostanza, per l'estetica e non per l'etica. Questa mia riflessione nasce dalla lettura dell'articolo a firma Sergio Rizzo "Aziende e crisi: la nuova legge sul fallimento cancella persino la parola", anche autore del libro dal titolo La cricca, che tratta il problema tutto italiano del conflitto di interessi consentito dallo Stato, diventato "il paradiso delle impunità". 

Sono convinta che qualsiasi testimonianza, riguardo a come si vive malamente il fallimento, non arrivi ai burocrati di lusso che applicano le leggi emanate dal governo. Come falliti si finisce in un mattatoio, dove è inutile ribellarsi o fare presente come la procedura fallimentare sia di scherno per chi la vive, senza nessuna tutela per i debitori e per gli imprenditori finiti in disgrazia in tempo di crisi. Chi amministra i beni all'asta non sembra curarsi degli esecutati: la macchina della giustizia fa il suo corso, distruggendo beni e persone come un'acciaccasassi, per poi regalare i beni a prezzo vile dopo anni e anni ad acquirenti che godono di ogni privacy. 

Infine nei fallimenti si insinua il peggio della nostra società e quindi non mi sorprenderebbe che nelle edulcorate "liquidazioni giudiziali" si ritrovi anche il conflitto di interessi, tale e quale la storia dei fontanieri di Roma, in cui i dipendenti comunali vennero anche incaricati della manutenzione e quindi avevano interesse a mantenere le fontane non funzionanti. Non è una parola che può cambiare la sostanza delle cose, anzi la mistificazione di termini concorre a mascherare forme di arretratezza di contenuti e conseguente cinismo degli incaricati della giustizia, a vantaggio economico dei "professionisti" dei tribunali fallimentari e della fiorente industria dei fallimenti. 


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