Grandi affari alle aste giudiziarie: il gioco facile a distruzione di persone e cose |
Lo Stato permette di fare affari sulla pelle dei falliti in maniera spudorata. Nel 1999 la nostra azienda artigiana era stata ampliata e ammodernata col mutuo bancario, che ci ha fatto affondare nel 2012 dopo un lungo periodo di agonia, conosciuto come "sofferenza bancaria", durante il quale non puoi uscire dalla secca in cui sei incagliato.
Nel frattempo a partire dal 2008, la banca con un'esecuzione immobiliare ha messo all'asta il nostro laboratorio artigiano e dopo 16 esperimenti d'asta, lo scorso 6 ottobre 2021 un ex concorrente di Deruta si è aggiudicato il bene per un valore esiguo, a base d'asta o poco più, perché era l'unico concorrente in gara. Quanto andrà a pagare l'acquirente della fabbrica corrisponde al 16% del valore iniziale stimato del bene da parte del tribunale. All'affarista piace giocare facile!
La mia domanda è: ma alla banca è convenuto far passare tutti questi anni (2008-2021) per recuperare quanto potevamo pagare noi della Cama, se la banca avesse avuto la stessa pazienza di aspettare il nostro rientro? Che poi, per dirla tutta, quanto paga l'acquirente alle aste non finisce nelle casse della banca per intero, perché prima ci sono da pagare i compensi per i "professionisti" della sezione fallimentare del tribunale, che hanno la precedenza sui creditori.
Da quest'esempio il fallimento sembra un gioco al massacro e nulla più, uno sfregio per chi fallisce. Come è possibile che si verifichino situazioni del genere? Qual è l'obiettivo di tanto dispiego di forze da parte dello Stato? Dove sta la convenienza per lo Stato a sbarazzarsi di un'azienda artigiana che era fonte di contributi e lavoro per il territorio?
Allora è forse chiaro che il sistema viene tenuto in piedi dallo Stato stesso per far entrare soldi nelle casse dello Stato tramite gli ultimi aneliti di un'azienda, che potrebbe opporsi alla vendita (bolli, spese etc.) e anche dai "professionisti" che durante la procedura ci tirano fuori belle somme vivendo delle disgrazie altrui? A chi interessa non far fallire le piccole aziende artigiane? Le associazioni di categoria non si pronunciano e neppure le Camere di Commercio sembrano sensibili all'argomento "fallimento". Per non parlare dei sindacati dei dipendenti, ancora fermi al contrasto del "padrone".
Infine, per chi fallisce non esiste una tutela neanche come debitore, perché svilire i beni in questo modo porta a non coprire il debito con conseguente insoddisfazione dei creditori. A chi conviene sostenere la fiorente industria dei fallimenti?
3 commenti:
Cara Roberta com'è possibile :-( Mi dispiace veramente tanto! avranno pensato, meglio noi di qualcun'altro, che nn si siano resi conto di quanto dolore si cela dietro a questa storia del fallimento! Altrimenti che ti devo dire mi resta difficile immaginare.....un abbraccio a te, ad Elena e Renato (smack)
Mamma mia! Io ci vedo un atteggiamento patologico in questo modus operandi
Come sempre spieghi in modo molto chiaro come guardare al fallimento da un'altra prospettiva. Come sempre sarebbe materiale molto interessante da portare a livello nazionale
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