I buoi, nati tori, come esempio di sottomissione tramite il giogo. |
L'asta della nostra fabbrica artigiana, al prezzo vile di 134.708,44 euro per una proprietà totale di 1.530 mq, se l'è aggiudicata sembra il nostro confinante a fondello, ex socio del mio nonno Nazzareno Niccacci, che della fabbrica era anche presidente. Nel 1971 della cooperativa sorta nel 1954 erano rimasti due soci, che si sono divisi. Al momento della spartizione del laboratorio mio nonno ha avuto la peggio ed è rimasto senza clientela, senza caporeparto, senza lavoranti e senza pozzo, con l'illusione di aver preso soprattutto il nome CAMA, che a suo tempo era stato stimato per un valore di 6 milioni di lire. Era un'illusione, perché quello che restava della CAMA era una scatola vuota.
Il passo successivo dell'ex socio di mio nonno è stato di ideare per la sua azienda un nome molto simile a CAMA, azione contro la quale a suo tempo mio nonno poteva richiedere i danni, ma non lo ha fatto. Quindi, anche alla concorrenza sleale perpetrata successivamente, mio nonno non ha risposto tramite le vie legali. Questa tradizione di sottomissione è durata negli anni e mio padre ne ha portato avanti l'eredità. Eppure l'ex socio godeva del consenso e stima del vicinato, perché era più forte economicamente e si comportava apparentemente da signore. La nostra vita di imprenditori è stata quindi una vita da perdenti, sempre in svantaggio, nonostante gli sforzi per realizzare un prodotto di qualità e il raggiunto successo di pubblico negli anni Novanta: vestivamo sempre i panni dei poveracci anche davanti alle banche, delle quali eravamo diventati dipendenti.
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