Klaus Pichler, fragole marce, fotografia, progetto One Third, 2013 |
I fallimenti costituiscono in Italia una fiorente industria, che va avanti indisturbata dai tempi del suo regio decreto del 1942, in cui i falliti non hanno voce in capitolo: sono merce da macello per ingozzare stuoli di "professionisti", speculatori, approfittatori e mafiosi. Il Governo si adopera a distruggere ancora di più i falliti, ovvero la parte debole del sistema, puntando a snellire il lavoro dei tribunali fallimentari tramite lo svilimento del valore dei beni all'asta.
"Così gli immobili si vendono più velocemente!" Penso che neanche un bambino delle elementari ragionerebbe in questi termini. Il problema forse sta nel fatto che al governo sono quasi tutti avvocati e sono anche loro burocrati, per quanto di lusso e pure rispettati. Ma che lavoro è il burocrate? Eppure noi cittadini siamo come pesci all'amo dei burocrati, dipendiamo da chi non produce ricchezza, ma si trova a gestirla.
Il fallimento risulta alla fine uno sfregio fine a se stesso, una crudeltà versi i debitori. Chi ci guadagna? Gli unici che da un fallimento escono imbottiti allo stesso modo dei professionisti, sono i dipendenti delle aziende come la nostra, che col fallimento si sono presi la cassa integrazione, il t.f.r., la disoccupazione e ora si godono anche la pensione. In azienda non hanno nessuna responsabilità: se va bene il merito è loro, se va male la colpa è del "padrone". A loro restano i diritti anche in tempo di crisi. Qual è quindi il ritorno dello Stato a distruggere un'azienda e sostenere le spese di un fallimento a vantaggio di chi poi con quei soldi non produce ricchezza ma li disperde al vento del consumismo?
In ogni modo ora stanno uscendo diversi articoli sul marcio dei fallimenti anche in quotidiani di pregio. Si va a toccare la mafia: Avvenire già per due articoli, Venerdì di Repubblica del 27 agosto, Il fatto quotidiano, L'Inkiesta e anche Prima Pagina alla radio. Un caso eclatante di un immobile all'asta viene riportato da la Repubblica. Per non dimenticare l'impegno in prima linea della Caritas diocesana. Sembra proprio che al Governo non interessi nulla dei suoi contribuenti finiti nel girone infernale dei fallimenti, la sua carne più pregiata, imprenditori che, finché potevano, mandavano i soldi alle casse dello Stato; quando non possono più, vengono depredati di ogni bene col benestare del Governo. Non importa se il fallimento comporti conseguenze inenarrabili sui falliti e non ci sia un ritorno economico per lo Stato. Quindi, a chi conviene la florida industria dei fallimenti?
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1 commento:
Quello che scrivi nel tuo blog riguardo all’incredibile inefficienza burocratica è ben più di un atto di accusa per sofferenze inflitte e lungaggini senza senso, è un forte richiamo per una totale riforma del sistema fallimento che dovrebbe portare a dei confronti su come vengono gestite queste situazioni in altri paesi dove vengono sempre date delle possibilità di ricominciare tutto daccapo e dove la persona viene rispettata sia a livello finanziario, sociale ma soprattutto psicologico. L’ingiustizia burocratica, soprattutto quando è sfruttata usando sistemi legali antiquati e complicati è davvero la peggiore forma di persecuzione quando viene usata da persone senza scrupoli e questo sistema deve essere denunciato. Davvero ammiro per come lo stai facendo, con sincerità e soprattutto con molta chiarezza di linguaggio e con argomenti che dovrebbero essere presi in serissima considerazione. Brava.
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