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giovedì 23 dicembre 2021

Da petrolio dell'Italia a pezzenti

Hermes, per i romani "Mercurio", è il Dio dei commercianti ma anche
dei ladri - Particolare de "La Primavera" di Botticelli, Uffizi, Firenze  

Nessuno si interessa dell'anti-economicità dei fallimenti delle piccole e micro imprese artigiane, che per decenni hanno fatto la storia del Made in Italy e portato soldi alle casse dello Stato ai fini della ridistribuzione della ricchezza a favore di sanità, scuola e servizi pubblici: quante aziende artigiane sono fallite in questi venti anni di crisi in Italia? Perché tanta indifferenza per chi ha dato lavoro e lustro al territorio grazie alla propria arte? 

Dieci artigiani raccontano la storia di come si sono ritrovati nel girone infernale dei fallimenti in una pubblicazione della Regione Toscana "Storie di vite invisibili" (2013) da un'idea di Giuseppina Virgili, imprenditrice di Empoli, che più di dieci anni fa finì agli onori della cronaca per essersi accampata a Firenze tra il Duomo e la Regione Toscana e per aver tentato di mettere all'asta un rene per non fallire. 

Nel libro mi ha colpito in particolare ciò ha scritto Fabrizio di Castelfiorentino, riguardo al fatto che ad un artigiano fallito viene negato di riprendere a lavorare come libero cittadino. Fabrizio si esprime in questi termini: «Ma a chi giova che qualcuno non possa lavorare e andare avanti con dignità? Si abbia il coraggio di assimilare i falliti ai ladri e li si sbatta nelle patrie galere, anziché fregiare una società dell'aggettivo "civile" o "magnanima" quando il valore della dignità umana è invece di fatto posto di molto sotto al valore dei soldi. Si dia modo di scontare una pena come tutti gli altri farabutti e delinquenti, anziché impedire al fallito di provvedere per sé e per i suoi congiunti»

Chissà che fine avrà fatto Fabrizio di Castelfiorentino? Perché la Regione Toscana non ha dato seguito a questa pubblicazione come nei desiderata espressi in prefazione da Nicola Nascosti, allora Vice Presidente III Commissione Sviluppo Economico del Consiglio Regionale della Toscana? "Far scaturire una riflessione [...] rimettere in carreggiata un Paese", "Promuovere un dibattito costruttivo che porti a cambiare la Toscana e l'Italia". 

Da quanto mi risulta l'incommensurabile impegno di Giuseppina Virgili, fondatrice nel 2012 del Comitato Piccoli Imprenditori Invisibili (Co.P.I.I.), che raccolse subito quasi 900 associati a livello nazionale, è finito in un nulla di fatto. Queste oggi le parole di Giuseppina Virgili: «Smossi tutto ciò che potevo anche a livelli alti, andai anche in parlamento ma fecero solo chiacchiere e tante promesse. Avevo al mio fianco tutto ciò che serviva ma come ti dissi siamo numeri e voti pertanto, essendo una minoranza non interessiamo».

La stampa è corredata dal contributo di sei tecnici (commercialisti, avvocati, bancari, psicologi), che scrivono ciascuno un articolo informativo sulla crisi e sui suoi protagonisti "invisibili", aggettivo utilizzato già da Maria Luisa Busi nel suo libro "Brutte Notizie" (2010), in cui cita la vicenda di Giuseppina Virgili. 

In conclusione, la prefazione alla stampa della Regione Toscana si ferma al concetto di "diritto alla Speranza", cosa inaudita per altri Paesi civili, dove vige il concetto di "Hope is not a plan" (tr. la Speranza non è una soluzione), pertanto considero questa prefazione di circostanza come una vera e propria presa in giro degli artigiani falliti, "che hanno fatto grande l'Italia" ma proprio senza speranza e senza futuro per la mancata azione di difesa efficace, sostanziale e tempestiva da parte delle istituzioni preposte a proteggere artigiani e commercianti dalle ingiustizie del fallimento. Dove sta la via d'uscita? 




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FRIENDS OF CAMA Il blog
Post originali di Roberta Niccacci
Storia di un'azienda artigiana italiana in tempo di crisi
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

La speranza sta nel non lasciar perdere.

Anonimo ha detto...

Le tue considerazioni sono più che ottime, direi. È che non c'è chi ascolta purtroppo....