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giovedì 9 dicembre 2021

Poesia del fallimento


Esiste un immaginario poetico del fallimento, che ho scoperto interagendo con le persone nel raccontare la mia storia. Mi scrivono frasi di circostanza come "Chi più chi meno ognuno nel proprio essere può essere un fallito…" oppure espressioni di incoraggiamento quali "Auguri e forza la vera vittoria è la vita… gli incidenti non contano nulla". Allora io capisco che la persona che ho davanti non sa assolutamente cosa significhi passare per un fallimento sentenziato da un tribunale fallimentare. 

Esiste anche un problema fondamentale alla base delle varie reazioni delle persone, ovvero il fraintendimento consolidato tra "insuccesso imprenditoriale", incidenti di percorso appunto (l'ambìto Failing-failures) americano, sul quale si scrivono fiumi di libri motivazionali riguardo al successo di imprenditori famosi, che hanno fondato la  fortuna sui propri insuccessi) e "fallimento giudiziale" (Bankruptcy), in Italia il procedimento del tribunale di distruzione dei beni immobili e delle persone fallite. Ambedue le situazioni passano per "fallimento": anche no, come è in uso esprimersi oggigiorno.  

Gli insuccessi di un'impresa (Failing) o di un personaggio famoso sono infatti parte del processo creativo di un imprenditore, i tentativi per arrivare al grande sogno, al successo riconosciuto dalla società. L'esempio classico è quello di Walt Disney; il secondo, il fallimento giudiziale (Bankruptcy), segna invece la scomparsa dell'imprenditore, la sua morte civile, l'impossibilità di tornare a creare in autonomia nel campo di predilezione, a operare nella propria vocazione mettendoci la faccia. Come posso arrivare al successo, se passo per un fallimento giudiziale? 

Invero, se in Italia fallisci tramite un tribunale fallimentare sei finito come persona, diventi "invisibile", come hanno scritto Maria Luisa Busi nel suo libro "Brutte notizie" (Rizzoli, 2010) e Giuseppina Virgili in "Storie di vita invisibili" (Regione Toscana, 2013). Anche Giuseppina Virgili, fallita tramite un tribunale e finita sulla stampa una decina d'anni fa, ora è sepolta viva, la sua arte nel campo della moda non trova una sua realizzazione. Non la vuole nessuno. Sogna di entrare in contatto con Brunello Cucinelli. 

Pertanto secondo me per sensibilizzare l'opinione pubblica al fallimento giudiziale, serve di far conoscere la verità, le conseguenze del fallimento in Italia, i tempi interminabili in cui si finisce, le ingiustizie, le insicurezze, la crudeltà di un sistema che lo Stato non vuole scardinare. Anzi ti costringe da fallito a diventare un bandito, ad aprire un conto all'estero, a trovare un prestanome, a lavorare a nero. Gli emendamenti alla legge sul fallimento giudiziario sono a questo punto solo dei maquillage, non vanno a fondo della questione; chi fallisce viene cancellato dalla società, anche se per legge non viene più chiamato "fallito", perché per noi in Italia comanda sempre la forma, in quanto come sudditi osanniamo la burocrazia, che per soddisfare la forma è capace di mistificarne il contenuto.


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