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lunedì 22 marzo 2021

La pietra dello scandalo

La pietra dello scandalo o "Acculata"
















A Firenze, al Mercato Nuovo o del Porcellino, esiste una pietra rotonda di romana memoria, che racconta la storia di come nel Rinascimento venivano trattate le persone che contraevano debiti con insolvenza: i falliti. La pietra è collocata al centro della loggia ed è di due colori: bianco e verde. 

Il tondo riproduce una ruota da trasporto e ricorda ai fiorentini la storia del suo Carroccio, del luogo di preparazione per la battaglia e del suono della campana di avvertimento per il nemico: una forma di lealtà di quel tempo, della durata di un mese, per permettere all'avversario di prepararsi a difendersi. 

La stessa forma di rispetto per il nemico non esisteva nel mondo dei mercanti e dei banchieri di Firenze: per chi era fallito non c'era via di scampo e affinché tutti avessero in ignominia il fallimento, venne istituita la pratica della "pietra dello scandalo", così chiamata appunto la ruota di marmo del Mercato del Porcellino. Lo statuto dei mercanti riportava la punizione e la pratica veniva offerta in prossimità di una guerra o nelle occasioni ufficiali, facendo uso del Carroccio. 

Con la piazza piena di gente, per il suo divertimento e conoscenza, la persona fallita, trasportata sul Carroccio, veniva condotta in catene al centro dell'edificio, presa per mani e piedi, denudata delle braghe, le sue natiche sbattute con violenza per almeno tre volte sulla nuda pietra, in base al danno economico prodotto. 

Da qui deriva l'espressione "essere col culo per terra" e la parola "sculo" inteso come sfortuna. I fiorentini chiamano questa pietra "l'acculata". 

Non ci stupisce il fatto che, mentre per altre situazioni sociali si sia finito con l'edulcorare perfino la terminologia in uso, per il fallimento niente sia cambiato a distanza di secoli dal colto Rinascimento. Infatti è possibile oggi trovare online, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, notizie relative al fallimento di una persona fisica anche a distanza di anni. Non c'è rispetto neanche per le persone fallite che si suicidano per la vergogna. Il documento di fallimento rimane lì a conoscenza di tutti gli utenti, non viene eliminato. 

Non sempre le persone insolventi sono delinquenti, disonesti o sciocchi. Ne sia la prova che con la crisi sanitaria attuale molte attività si trovino in situazioni a rischio fallimento. Le crisi passate invece hanno prodotto in Italia lo stesso effetto a macchia di leopardo solo su alcuni imprenditori. Eppure il resto della società ha continuato la sua corsa. 

Molti sciacalli, anche ex concorrenti, hanno avuto modo di infierire su quegli imprenditori falliti delle scorse crisi, appropriandosi dei loro averi pignorati, grazie anche al favore dell'Istituto delle Aste Giudiziarie, dove si prende da uno per regalare ad altri. In tutto questo turbinio da girone dantesco, uno sciame di burocrati percepisce uno stipendio e professionisti si garantiscono consulenze: persone che vivono sulle disgrazie altrui. 

È possibile che uno Stato permetta una pratica cinica di questo tipo nel Terzo Millennio solo perché c'è di mezzo il denaro? Per lo Stato qual è il costo di gestione di un fallimento a fronte dell'interruzione dell'attività d'impresa, considerando i tempi biblici della burocrazia italiana? Qual è il ruolo delle banche nei Tribunali fallimentari? Quali favori economici garantisce lo Stato alle banche tramite i fallimenti? 

Il primo punto su cui riflettere è senz'altro il concetto attestato che la crudeltà non sia degli animali ma propria solo dell'essere umano. È la pura verità. Il mezzo economico, il denaro, può essere veicolo di trasposizione della cattiveria umana, della taccagneria e della mediocrità, la vera pietra dello scandalo. 



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