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sabato 27 marzo 2021

Un fiume in piena

Se un sogno d'impresa non trova sfogo nella realtà, è
bene abbandonare? 


















Entro la fine di marzo devo scegliere se iscrivermi ad un Master di startup d'impresa, per fornirmi degli strumenti che non possiedo, al fine di realizzare il modello di business dei miei sogni per gli artigiani, oppure iniziare a pensare per me e ricominciare a vivere da cittadina italiana per quello che posso e con ciò che so fare nel mio campo delle lingue straniere. Potrò tornare alla vita civile.  

Come procedere per decidere sul da farsi? 

Punti a sfavore di un progetto per gli artigiani: 

1) Attualmente solo un'amica artigiana di Deruta mi segue e crede in me su un totale di meno di 100 artigiani rimasti su più di 300 artigiani degli anni Novanta; 

2) L'anno scorso sono stata anche dal Sindaco di Deruta, ma non mi è riuscito di farmi capire su cosa desidero realizzare per Deruta. Gli artigiani di Deruta hanno già loro la soluzione, si sono uniti in un comitato capitanato dal Sindaco. Non mi hanno coinvolto; 

3) Per realizzare una startup per gli artigiani di Deruta mi dovrei rivolgere ad un altro distretto ceramico italiano. A Deruta sono bruciata; 

4) Per una startup pensata per gli artigiani è necessario che io chieda il sostegno economico di finanziatori. Un salto nel buio per la realizzazione di un mio sogno, una soluzione per persone, gli artigiani, che non mi cercano e di cui non ti puoi fidare; 

5) In dieci anni dal fallimento della Cama (2011) non è successo niente. Ho avuto modo di incontrare artigiani e commercianti di altri luoghi in Umbria ma l'incomprensione tra di noi è forte. Loro mi fanno segno col pungo di stringere. Io li disprezzo. Loro sono le "persone pratiche", io non si sa cosa faccia di preciso; 

6) Nel 2019 ho anche tentato di aprire una Onlus a vantaggio del territorio, passando per i libri, ma il progetto ha trovato molti ostacoli a causa di persone mediocri, le stesse che potrei incontrare tra gli artigiani; 

7) Tra gli artigiani esistono persone vigliacche: almeno un paio di titolari d'aziende a Deruta hanno ricomprato all'asta i beni della Cama: uno ha ricomprato i forni della fabbrica e due sorelle si sono impossessate del nostro campionario di fabbrica per quattro spiccioli. Per portare via quest'ultimo hanno impiegato tre giorni.   

Punti a mio favore per partire con un mio progetto personale basato sull'insegnamento:

1) Insegnare l'inglese mi risulta facile. Per me è un'arte quanto vendere le majoliche e servire la clientela. Insegnare l'inglese mi energizza. Gli allievi e le allieve hanno fiducia in me. Accettano il mio aiuto; 

2) Il mio consulente amico Claudio Raffi mi dice che ci vuole che io vada verso ciò che mi risulta facile e piacevole, un'occupazione in cui non ci sono ostacoli. Non sapeva del mio talento per l'insegnamento; 

3) Insegnando l'inglese ho modo di realizzarmi come persona e cimentarmi in un'attività in cui ho il controllo di ciò che faccio, posso contare su di me, non devo chiedere aiuto a nessuno e tanto meno il consenso di nessuno. Il successo del mio insegnamento è assicurato; 

4) Nell'insegnamento dell'inglese posso mettere in moto ciò che desidererei vedere realizzato anche nel progetto per gli artigiani, ovvero lavorare sulla comunicazione con gli utenti del mio operare: gli allievi e le allieve al posto delle clienti di majoliche. La relazione è il tessuto su cui mi cimento nella scalabilità di un progetto. Per me la comunicazione su una base concreta di aiuto è essenziale per individuare i problemi da risolvere; 

5) In passato ho riscosso molto successo con l'insegnamento dell'inglese, anche se si è trattato di camei. L'unica volta che un'artigiana di Deruta mi ha chiamato per un aiuto è stato perché la figlia di una sua amica aveva bisogno di una consulenza per una traduzione dall'inglese. 

Quindi a Pasqua si saprà cosa ci sarà di nuovo nella mia vita, in cui ho vagato per oceani sconosciuti, ho fatto la venditrice di majoliche per 40 anni e solo la clientela mi riconosceva. Per gli altri ero inesistente, per quanto a Deruta fossi conosciuta come una brava venditrice. Per Gianfranco Savio della Biordi Art Imports ero invece la miglior venditrice al mondo ma anche la Biordi Art Imports dei miei anni a San Francisco non c'è più. Ora ci sono altri titolari. 

Vorrei concludere che mi rendo conto che, per la mia stessa salute, sia bene che abbandoni il mondo dell'artigianato artistico, partendo da un'eventuale collaborazione con gli artigiani. Ci vuole che mi convinca. Se infatti nella storia della letteratura solo un libro è stato dedicato ai bottegai, un motivo ci sarà. Il romanzo, considerato un capolavoro, è: "Il commesso" (titolo originale: "The assistant") di Bernard Malamud, pubblicato nel 1957. Ho appreso questo concetto da Pierluigi Battista in un suo articolo su Corriere Sette dal titolo "E nessuno piange mai per i bottegai". Questa mia svolta mi fa quasi paura. Per la prima volta sento veramente di aver paura di fare finalmente la cosa giusta. 



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