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giovedì 26 agosto 2021

Un lungo viaggio

Vincent Van Gogh, un paio di scarpe, 1886, Rijksmuseum, Amsterdam

La lettera di istanza di fallimento della CAMA DERUTA reca la data 30 dicembre 2011. Non ricordo cosa facessi quel giorno e come mi stessi preparando al primo capodanno lontana da casa. Mi ero infatti trasferita da Deruta a Piegaro, nella Valnestore. La morte della fabbrica per stillicidio e l'annientamento progressivo della nostra famiglia erano imminenti: la sentenza di fallimento del Tribunale di Perugia sarebbe arrivata a marzo 2012. 

Ero in quei mesi piena di speranza di incontrare persone con cui fare qualcosa insieme in tempo di crisi. Ero felice di poter dare il mio contributo alla crisi, ma così non era. Il mondo andava avanti anche senza la fabbrica della mia famiglia, il resto delle attività artigianali e commerciali stava solo perdendo un altro concorrente, un morto sul campo.  

Così mi sono buttata nello scrivere e nel cercare di incrociare persone nuove, artigiani già conosciuti, associazioni, amministrazioni. Di tutte le porte a cui ho bussato, l'unico tentativo riuscito è stata la pubblicazione di un saggio su un cantante lirico di Tavernelle, Berardo Berardi (1878-1918), nel centenario della sua morte. 

Il resto delle prove sono state tutte esperienze da dimenticare, perché non ho costruito niente con gli altri. Successivamente ho continuato a cercare di stabilire relazioni, di farmi avanti con creatività, energia e buona volontà, ma non è successo niente. Ho perso tempo prezioso, fatto diversi errori e subito anche delle delusioni. Ogni mia visione si è infranta. 

Ora quel saggio mi ha fatto da biglietto da visita per entrare in contatto con studiosi e studiose del mio campo umanistico delle arti e della letteratura, dove mi trovo a mio agio, perché sono tra persone di cui finalmente mi posso fidare e che puntano ad un obiettivo comune, con l'unico interesse di dare il proprio contributo al mondo culturale, agli approfondimenti storici e artistici. 

Forse il segreto in questo ambiente è che non ci sono i soldi di mezzo, manca l'accanimento per il denaro, che frena il progresso e distrugge anche le aziende in nome dei diritti, generando mostri come l'industria dei fallimenti o della distruzione, dove iene e avvoltoi si accaniscono sulle prede in una moderna giungla della civiltà. Dall'altra parte invece c'è chi ricostruisce le storie del passato, ovvero le studiose e gli studiosi, portando linfa nel deserto sempre più arido della crisi, nel disinteresse della collettività e del governo, che si diletta ad infierire sui falliti per sbrigare il proprio lavoro di burocrati. 


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Storia di un'azienda artigiana italiana in tempo di crisi
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1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravissima, molto coinvolgente, ti auguro di seguitare a viaggiare e a sognare.