Quando finisci nelle maglie del fallimento, la tua famiglia viene attaccata dalle banche su due fronti: lo Stato si presta a fare da esecutore per l'acquisizione dei tuoi beni mobiliari e immobiliari sia dell'azienda che di proprietà personale; dall'altra parte i cartolarizzatori dei crediti delle banche ti attaccano come persona fisica e, sempre tramite il benestare dello Stato, ti pignorano il conto corrente e il tuo stipendio.
Con il fallimento vivi così un'esperienza di limitazione della tua libertà. Non potrai più essere un contribuente. Fare la dichiarazione dei redditi è infatti per me espressione di libertà come andare a votare. Io non faccio più una dichiarazione dei redditi dall'anno in cui l'azienda è andata in sofferenza. Allora mi chiederete: come vivi? Sopravvivo. Si vive anche con poco, anzi pochissimo ma è una non-vita: rinunci a rifarti una vita professionale, non compri niente, non coltivi vizi di nessun genere e speri di stare sempre in salute. Per fare le analisi del sangue, vai a fare una donazione. Così risparmi sul ticket. Per mantenerti in vita, se hai un posto dove stare, ti bastano poche centinaia di euro al mese.
La mia scelta di vita è determinata dal fatto che in un fallimento non sai cosa ti potrà succedere. Quindi io ho deciso in questi anni di non accumulare risparmi. Ho rinunciato ad una carriera. Ho fatto bene. I cartolarizzatori mi sono infatti venuti a cercare dopo ventuno anni dalla stipula del mutuo ipotecario della fabbrica. Nel conto corrente mi avrebbero requisito tutto. Se avessi avuto uno stipendio, mi avrebbero preso fino al 50% dello stesso. Infatti ogni banca può pretendere 1/5 dello stipendio fino al raggiungimento della metà di quanto ti paga un'azienda. Questa persecuzione sarebbe durata per tutta la mia vita lavorativa.
In questi anni noi della famiglia non ci siamo dotati di un avvocato. Non ce lo saremmo potuti permettere. Quindi siamo stati letteralmente massacrati da quello Stato, al quale mandavamo ogni anno i nostri contributi. Ora con la morte civile, tramite la realtà aberrante del fallimento, ho potuto conoscere la vera natura del nostro Paese. Una domanda mi sorge spontanea: qual è l'interesse dello Stato nel far fallire le aziende in tempo di crisi? A chi porta benefici il fallimento? Qual è la spesa dello Stato in un fallimento? Qual è il ritorno economico dello Stato in un processo di distruzione di aziende e contribuenti specchiati?
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