Scrivo questo perché mi è capitato di incontrare due tipologie di ascoltatori, quando racconto la storia di fallimento dell'azienda della mia famiglia: 1. chi è completamente disinteressato e anzi affonda il coltello nella piaga 2. chi fa il paragone tra il fallimento, i propri ricordi ed emozioni a partire dall'ansia, per passare per una propria malattia e arrivare fino al dolore per la morte di un loro caro. Per affrontare un tema pesante come il fallimento ci vuole una scorza dura ed essere ben schermati.
In inglese l'etimologia di "it takes guts" si fa risalire almeno alla metà del 14° secolo, perché l'intestino veniva visto come la sede dello spirito. Storicamente l'intestino era considerato infatti la sede delle emozioni: per il drammaturgo greco Eschilo (Eleusi, 525 a.C. – Gela, 456 a.C.) e per i suoi successori, l'intestino era il luogo delle emozioni estreme, di odio e amore; per gli Ebrei l'intestino era invece la sede della misericordia, pietà, benevolenza, successivamente interpretato anche come "avere cuore".
Interessante notare l'etimologia di "guts" e del suo precursore "bowels", che viene dall'Osco-Umbro "botolus", ovvero "salsiccia" per "piccolo intestino", poi preso in prestito dal latino "botellus" e quindi arrivato fino all'inglese "bowels", intestino.
1 commento:
Su whatsapp un'amica mi ha scritto così riguardo a questo post:
"Trovo bello che tu conservi la curiosità per cose marginali rispetto al tema che tratti, eppure interessanti e dotte."
Sei tu, amica carissima, che riesci a cogliere appieno il senso del mio messaggio di disperazione del blog. Nel fallimento sono confortata solo dallo strumento dello studio, che per fortuna è inalienabile.
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