Esiste un legame tra sesso, denaro e morte anche nei fallimenti? Non tanto nel momento del verdetto di fallimento, in cui pensi di vedere la fine di una sofferenza, ma piuttosto negli anni successivi inizi a provare un senso di morte, accompagnato dall'esaurimento della tua vitalità. Il peggio inizia dopo la sentenza del Tribunale e tutto in nome del denaro. Tramite il fallimento si attiva così una crudeltà fine a se stessa, perché non so quanto denaro arrivi alle banche creditrici dalla svendita all'asta di beni d'affetto e strumenti da lavoro; una tortura che può durare per più di un decennio a distruzione di aziende e persone.
Attualmente le banche reclamano un credito a fronte di mutui che hanno elargito con disinvoltura dal 1999, consapevoli che per loro sarebbero intervenute le aziende di cartolarizzazione dei crediti. La cartolarizzazione dei crediti in Italia risale infatti al 1999, l'anno in cui la nostra azienda ha contratto il mutuo ipotecario per l'ampliamento del laboratorio artigiano. Mentre la legge sul fallimento risale al regio decreto del 1942 e ci tocca in sorte a noi, alle banche viene concesso, per salvarsi, il fior fiore di ogni moderno escamotage. Perché questa disparità di trattamento tra una piccola azienda artigiana e una banca? Non eravamo noi a produrre ricchezza? Dove sono le associazioni di categoria?
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